La disumanità dell'uomo non si materializza soltanto negli atti corrosivi dei malvagi. Si materializza anche nella corruttrice inattività dei buoni.

Martin Luther King

Se vedi la carità, vedi la Trinità.

( Sant'Agostino )

lunedì 6 gennaio 2014

Beaudenom

Formazione all'Umiltà

(continuazione)


(Esercizi spirituali)


III. Importanza della convinzione nell'umiltà. 

1. Non è cosi facile determinare, anche teoricamente, che cos’è orgoglio e dignità personale! 
La premura per la propria reputazione, il dovere di tenere il proprio posto o di difendere
le proprie idee giuste legittimano un gran numero di atti che spiriti non bene illuminati prenderebbero facilmente per orgoglio.
E, al contrario, quale razza d'orgoglio può annidarsi sotto queste delicate riserve!

2. Ma, se si considera nella pratica, è ancora più difficile discernerlo. Difatti, nulla è seducente come questo vizio il quale si dissimula e si trasforma, cresce e si stende adagio adagio; 
lo avvertiamo appena quando comincia, e tosto che si intravede, lo scusiamo.

3. L'orgoglio ispira poco orrore. 
La bruttezza della sua malizia ci colpisce meno della bruttezza e malizia degli altri vizi. 
Anche i suoi pericoli ci appaiono meno terribili, perché fra i cristiani, raramente l'orgoglio costituisce da se solo un peccato mortale, ed infine perché pochi di noi spingono questo difetto all'estremo. E tuttavia è tale la sua perniciosa influenza che i santi lo chiamano il padre di tutti gli altri.

È dunque necessario stabilire in noi una convinzione chiara e che ci impressioni affine di concepire un orrore che ce ne allontani. 
Tale convinzione non è la virtù, ma la contiene alla stessa guisa delle forze fisiche condensate nei loro elementi e pronte ad operare. Ne essa si accontenta di considerazioni vaghe, deboli od esagerate. Proviamoci ad andare al fondo delle cose attraverso le frasi convenzionali che oscurano questo soggetto.

Tuttavia, non facciamo troppo assegnamento sul valore delle nostre considerazioni, né sulla sicurezza delle nostre analisi: Dio solo è il dottore dell'umiltà. 
“ Egli l'ha rivelata ai fanciulli, revelasti ea parvulis ” (Matteo, 11, 25).

IV. Importanza dell'inclinazione nell’umiltà.
 - L'orgoglio, difficile a conoscersi, è anche più difficile a dominarsi. Le sue radici si spingono nel più profondo della nostra natura. La sua vitalità è massima: lo credete morto, e proprio allora rinasce. Si ciba parcamente, e perciò non è mai sazio. Dunque, per dominarlo è necessario stabilire in noi l'abito dell'umiltà; 
è necessario che tale inclinazione ci segua in tutti i giorni della vita per combattere senza posa l'inclinazione opposta che non muore mai.

Come si acquista e si sviluppa questa tendenza così contraria alla natura? Con l'esercizio.

1. Atti, atti: ecco il gran segreto, ecco l'imperioso bisogno! La perspicacia e la convinzione costituiscono l'avanguardia e illuminano il cammino; ma è l'esercizio che riporta la vittoria, l'esercizio degli atti e, soprattutto, degli atti generosi, stabilendosi nella fortezza e facendo regnare l'umiltà.
Urge, adunque, il combattimento! Bisognerà inchinarsi davanti alla volontà degli altri, sovente poco ragionevole. Bisognerà essere dolci verso colui che ci avrà disprezzato. Bisognerà ripetere ogni qualvolta saremo umiliati: Ciò mi sta bene! La natura si ribellerà, ma, dominata da una umiltà risoluta, si sforzerà di vincersi e riporrà la sua felicità nell'abbassarsi con Gesù. “ Mihi absit glorìari nisi in cruce Jesu Chrìsti ”.

2. Mentre attendiamo queste occasioni che ci si presenteranno nel corso della vita, noi abbiamo per prepararvici l'espediente inesauribile degli atti sia interni, sia esterni che prescriviamo.
Gli atti interni, (desideri, risoluzioni, domande, accettazioni, ecc. ecc.), possono essere numerosissimi, e nulla si oppone perché siano intensi; l'anima può passare tutta intera per questi sforzi, ed è appunto questo l'esercizio che ci studieremo di fare nelle seguenti meditazioni.

3. Le dimostrazioni esterne non debbono essere trascurate perché danno ai sentimenti una consistenza speciale. Perché non valersene anche nella preghiera? La posizione incurvata d'un colpevole, di un supplicante, d'un povero si addice molto a chi prega.
...

In grazia di tutti questi mezzi impiegati per lungo tempo, l'inclinazione non è più un semplice assenso dell’intelligenza alla verità, e una semplice determinazione della volontà per la giustizia; ma è questo assenso e questa determinazione convertiti in abito, penetrati nell'intimo delle nostre potenze sviluppate e consolidate. È una forza permanente che da la facilità, il movimento, perfino il gusto, perché è naturale che qualsiasi forza spinga all'azione e trovi gusto e gioia nel suo libero esercizio. 

Entriamo, dunque, con coraggio in questa formazione; impieghiamovi tutte le nostre forze; facciamo assegnamento sopra la grazia. Per diventare umile è necessario essere convinto e risoluto: è necessario riflettere ed è necessario pregare.

II. L'umiltà, influenza generale.

L'influenza dell'umiltà si deduce dalla sua stessa natura. L'abbiamo già detto, essa è verità e giustizia; ora, la verità illumina tutto l'ordine intellettuale, e la giustizia domina tutto l'ordine morale. In ciò è tutto l'uomo.

I. L'umiltà è la verità. 
- Formula accettata e incessantemente ripetuta, ma forse solo vagamente compresa! La verità! La verità! Ottima cosa; ma quale verità dobbiamo qui ricercare? La verità intorno al nostro merito, al nostro valore. 
E che c'insegna essa? Che noi siamo esseri creati, esseri colpevoli, esseri che partecipano della vita divina. Eccovi tre grandi frasi: ma è necessario intenderle bene perché non possono concepirsi per se stesse. Affinché io possa concepire il creato, è necessario che prima concepisca il Creatore; affinché si possa conoscere il peccato, è necessario che conosca i diritti e la dignità di colui che ho offeso; affinché questa frase stupenda :
 “ partecipazione alla vita divina ” mi dica qualche cosa, ho bisogno di evocare tutto intero l'ordine della grazia e della gloria.
Ora da ogni parte, in questa ricerca, Dio mi si presenta in un modo, direi quasi, ostinato, e, per comprendere me stesso, ho bisogno di comprendere Lui: io lo trovo nella mia origine e nel mio destino, nel mio interno e nei miei atti: assolutamente mi annienterei se dovessi separare da me ciò che appartiene a Lui; al contrario, io m'innalzo con vera magnificenza se tesoreggio ciò che Egli di buon grado vuol darmi. Contrasto fecondo dal quale nascono due sentimenti che si completano per costituire la mia vita spirituale: l'umiltà, quando considero ciò ch'io sono; l'adorazione, quando contemplo l'Essere per cui io sono. 
Con questo duplice sguardo io afferro e comprendo la verità tutta intera: dò a ciascuna cosa il suo posto e la sua misura; entro nella luce più bella, che sia al mondo: quella dell’infinito che irraggia e illumina il creato.

II. L'umiltà è la giustizia. 
- In quanto è verità, l'umiltà conduce al bello; in quanto è giustizia, conduce al bene. 

Con lo stabilire il posto che spetta a Dio e all'uomo, la verità getta i fondamenti della giustizia; ma con l'affermare il dovere, la giustizia fa della verità una virtù morale.
Ora. il dovere si sintetizza nella sommissione universale. La sommissione universale è l'accettazione di tutta la legge, la rassegnazione a tutte le pene, la fedeltà a tutte le ispirazioni; essa fa passare Dio in tutti i nostri atti e li riconduce a Lui effettuando così piena giustizia. 
A Lui l'iniziativa di movente necessario; a noi l’obbedienza dell'essere personale e libero, ma subordinato. Che la divina carità, figlia della verità e della giustizia, vibri i suoi raggi infuocati su questa umiltà fedele, e l'universale sommissione addiverrà l'amore universale: amore di riconoscenza per il supremo Benefattore; amore di compiacenza per l'essere adorato; amore di benevolenza per il Dio intimo che vuol ricevere qualche cosa da noi; amore di zelo, infine, per l'opera della sua gloria in mezzo agli uomini.
Così si capisce come la giustizia si confonda con la virtù intera, e perché i Santi prendano nelle S. Scritture il nome di giusti: l'umiltà apre, quanto è larga, la via verso il perfetto.

III. L'umiltà trasformatrice.
- Le due tendenze che l'umiltà ha il compito di regolare e guidare, la stima di se e il desiderio della gloria, non possono forse proporsi delle ascensioni più alte del loro proprio fine? 
Esse sono una forza; ed ogni forza contiene, in potenza, del movimento. 
L'uomo s'impadronisce delle cascate dei fiumi e ne trae meraviglie sorprendenti di elettricità. Impadroniamoci, dunque, di questo vivo sentimento della stima personale e di questo desiderio non meno vivo della stima degli altri.

Dirigiamo la loro attività verso un fine superiore. Presentiamo ad essi scopi più nobili da conseguire, approvazioni più deliziose da riscuotere: questa elevazione sublime le allontanerà ancora più da ogni orgoglio. Oh! quale ammirabile educazione da tentare! Tutte le verità religiose, tutti i pii sentimenti, tutte le grazie dall'alto presteranno insieme il loro concorso a quest'opera che l'umiltà coronerà. Più bella, questa virtù rapirà il cuore di Dio; più penetrante, darà al nostro una pace divina, e forse gioie fin ora sconosciute.

Si presenti adesso Gesù Uomo-Dio, mio salvatore, mio amico, mio fratello, mia vita; m'inondi di luce con i suoi esempi, m'innalzi a Lui con la forza delle sue attrattive, ed io vivrò della sua vita di Dio Incarnato, che è essenzialmente e in tutti i suoi atti, una vita d'umiltà: spazio senza confini aperto alle mie legittime esigenze; via aerea che richiede delle ali. le ali dell'amore.

Noi la percorriamo con la più perfetta delle creature, con Maria. trasformata, sopratutto, da Gesù umile.
O Illustrazioni sante, o ardenti affetti, o grazie penetranti dall'alto, io vi desidero e v'invoco! Invadete l'anima mia che si apre alla vostra azione. Io non sono umile e l'atmosfera del mondo è satura di orgoglio. 

O santa umiltà, forse, fino ad oggi. vi ho conosciuto solo di nome!

O Maria, insegnatemi l'umiltà di Gesù: essa contiene, io lo sento già fin d'ora, dolcezze nascoste! Oh! fate che io le gusti! 

Prima settimana

Bisogno di essere umile.

I Meditazione

1° Esercizio

Invito divino all'umiltà: " Sicut parvuli".

Primo punto: L'orgoglio tendenza innata e funesta. 
– Secondo punto: L'umiltà virtù riformatrice. 
- Terzo punto: L'umiltà sorgente di favori celesti.

Preparazione per la vigilia. 

- Prima d'incominciare la serie un po' arida delle meditazioni nelle quali il raziocinio getterà le basi dell'umiltà, presenteremo alla nostra sensibilità una visione più dolce di questa virtù. Il divino Maestro ce la mostra sotto le fattezze d'un fanciullino spirante candore. Non è che uno schizzo per ora, ma questo schizzo da in modo mirabile la fisionomia dell'anima umile : nell'esterno nessuna affettazione, nell'interno nessuna pretesa; vi brilla l'incantevole semplicità degli sguardi e del portamento.

Questa nativa semplicità è nel fanciullo senza merito e senza durata. Quel ch'egli possiede per una felice ignoranza, deve passare in noi mediante lo sforzo.

Sembra che il fanciullo conservi ancora un riflesso della primitiva innocenza. Questo riflesso puro, questa figura che sembra una visione, è l'ideale da raggiungere. 
In altro luogo ci verrà proposto un ideale più completo, più alto ed anche infinitamente più amabile: " Imparate da me che sono mite ed umile di cuore "; allora l'immagine dell'umiltà riceverà in noi l'ultima mano col ricopiare fedelmente il capolavoro.

Create in me fin d'adesso un cuore desideroso e docile: ciò che Gesù insegna è necessariamente vero; ciò che Gesù domanda è necessariamente buono.

O Gesù, domani, mostratemi, come agli Apostoli, questo caro fanciullino, che deve essere il mio modello e fate che, sin d'ora, intraveda Voi sotto quei lineamenti!

Meditazione.

“Giunti a Cafarnao, come furono in casa, Gesù domandò loro: Di che cosa disputavate tra di voi per strada? Ma essi tacevano: perché per strada avevano discusso tra di loro chi fosse il più grande. E stando egli a sedere chiama a se un fanciullo, lo pone in mezzo di essi e dice : In verità, in verità se non vi convertirete, e non diverrete come fanciulli, sicut parvuli, non entrerete nel regno dì Dio. E chiunque accoglierà nel mio nome un fanciullo come questo, accoglie me stesso. 
Quello che si farà piccolo come questo fanciullo, sarà il più grande... Gesù abbraccia il fanciullo e lo lascia andare ”
(Marco, 9, 32 seg.; Matteo, 18. 1 sg.).

Primo preludio. 

- Gettiamo i nostri sguardi sul cammino che dal Tabor va fino a Cafarnao. Il Salvatore va innanzi; gli Apostoli lo seguano.
Osserviamo i loro volti animati dalla discussione; ascoltiamo le loro pretese accolte con esclamazioni, gli argomenti dubbi che si avvicendano, - Così pure, nel cammino della vita, l'orgoglio preoccupa ed agita gli uomini.
 - Uniamoci col seguito di Gesù ed entriamo nella casa ospitale. Notiamo la cerchia dei dodici che lo circondano; e, discosto, il fanciullino che li guarda con la sua aria ingenua e curiosa.

Secondo preludio. 

- Chiediamo la grazia d'intendere questa importante lezione d'umiltà; e di far tesoro di ogni parola, proprio come se in questo momento e per noi soli uscisse dalla bocca del divino Maestro.

I. L'orgoglio, tendenza innata e funesta. 
- Consideriamo la violenza di questa tendenza e le sue conseguenze immediate. - Essa si trova in uomini di bassa condizione e di semplici costumi. Essa sussiste in anime ammaestrate direttamente dal Salvatore. 
- Iddio la lascia negli Apostoli destinati alla più alta virtù. 
- Chi adunque, non la porterà nel fondo di se stesso?
Vediamo le sue conseguenze. 
- Essa provoca fra gli Apostoli discussioni ardenti. - Occupa e riempie completamente il loro spirito. - Li rende indifferenti per la compagnia del loro Maestro... Oh! allontanarsi da Gesù! Privarsi della sua conversazione! Fuggire i suoi sguardi! e per che cosa!... E tra noi non produce l'orgoglio effetti simili? dissensi, litigi, affievolimento della pietà?

II. L'umiltà, virtù riformatrice. 
- Pesiamo bene ogni parola del Salvatore :
“ Nisi conversi fueritis, se non vi convertirete ”. Dunque io non posso rimanere quel che sono per natura, per inclinazione, forse per abitudine. Bisogna che io sia un altro: da orgoglioso addivenire umile.

E questa è una condizione precisa, necessaria, assoluta: Nisi. Senza questo, non vi è luogo per voi nel regno dei cieli.
“ Et efficiamini ”. 
Rifarsi, a dispetto di tutte le difficoltà e le ripugnanze. Ci vorrà tempo e pazienza: non è possibile rifarsi in un giorno.

“ Sicut parvuli ”. Ecco la frase essenziale. 

Il fanciullino è il mio modello. Prima debbo abbassarmi, farmi piccolo, credermi piccolo; poi debbo agire a seconda di questa opinione. Dunque non alterigia ne sdegno, non ambizioni ne ricerche di precedenze, non preoccupazioni e disturbi d'amor proprio. Come il fanciullino debbo esser semplice, fiducioso, docile, buono, senza pretensione e senza affettazione; infine, seguendo la frase del Salvatore non debbo farmi piccolo, ma piccolo in tutto: Sicut parvuli. Oh! che parola piena di tenerezza, e d'abbassamento.

” Non intrabitis in regnum coelorum. 
Non entrerete nei regno dei cieli ”.

Meditiamo i diversi sensi di questa espressione. 
II regno di Dio è la pace dell'anima, ed io la voglio; - è la perfezione e vi tendo; - è la felicità eterna e vi sospiro. La missione dell'umiltà è di assicurarmi il possesso di questi beni.

O Gesù, se io mi farò piccolo in tutto entrerò nel gaudio di questi destini sì belli!...

III. "L'umiltà, sorgente di favori celesti.

1. Principio di grandezza. 

- “ Statuit eum in medio eorum ”. Gesù pose il fanciullo in evidenza in mezzo agli Apostoli, al posto di onore; e subito illustrò quest'atto con queste parole : “ Quegli che si rassomiglierà a lui sarà il più grande nel cielo; erit maior ”. 
Se nel giudizio finale dovrà essergli assegnato un tal posto, vuol dire che lo merita fin da quaggiù: dunque lo occupa già negli occhi di Dio. Oh! quanto c'ingannano i nostri giudizi! 
Oh! Quali strani cambiamenti subirebbero le classi sociali se la luce della verità penetrasse le nostre tenebre!

2. L'umiltà, principio di consolazione. 

- “ Quem cum complexus esset ” : 
Gesù abbraccia il fanciullo.
- Felicità di questo dolce privilegiato, oggetto delle carezze divine!... Felice piccolezza a cui s'inchina con amore la grandezza!...

 Se questo fanciullo non fosse stato piccolo in tutto Gesù non lo avrebbe degnato dei suoi favori...

Io mi dolgo delle mie desolazioni interne; io conosco appena il gusto della consolazione; Gesù non mi prende fra le sue braccia, non mi preme sopra il suo cuore. Perché? perché? Sarebbe Egli meno buono, o sarei io troppo grande?... Sì, forse, per le mie pretensioni. Oh! io scelgo d'essere piccolo e d'essere amato... 
Tutte le soddisfazioni dell’amor proprio non valgono, messe insieme, una carezza di Gesù.

3. L'umiltà, principio di successo. 
- “ Qui susceperit talem in nomine meo me suscipit ”. Gesù innalza presso tutti gli uomini colui che rassomiglierà a questo fanciullo. Dichiara che accoglierlo è quanto accogliere Lui stesso. Chi, dunque, non s'affretterà ad aprire a Gesù la propria abitazione, le proprie braccia, il proprio cuore?
- Io sarò questo privilegiato, se mi farò piccolo.
Iddio, per rendere facile la sua raccomandazione, impreziosisce l'umiltà del dono di piacere. Quegli in cui brilla sembra che arrechi la tranquillità ed il sollievo. Si sente, a non so qual segno, che quest'umile né saprebbe disprezzare né schernire. 
Sia che parli o che ascolti è in lui costantemente lo stesso desiderio di nascondersi, lo stesso desiderio che gli altri figurino. Quel che domanda, subito gli viene concesso: nulla in lui provoca quelle repulsioni istintive che l'orgoglio solleva.
- Sarebbe ciò un'irradiazione dell'anima?... un privilegio della grazia?... una fuggevole apparizione di Gesù? “ Qui receperit talem me recepit ”... Oh! quanto vorrei farmi piccolo!


Proposito.

- Essere un fanciullo perché Gesù mi ami.


(continua)