La disumanità dell'uomo non si materializza soltanto negli atti corrosivi dei malvagi. Si materializza anche nella corruttrice inattività dei buoni.

Martin Luther King

Se vedi la carità, vedi la Trinità.

( Sant'Agostino )

domenica 5 gennaio 2014


Beaudenom

Formazione all'Umiltà


Consigli per un buon esito di questi esercizi.

1. Scegliete quel periodo di tempo nel quale potrete dedicarvi ad essi con maggior libertà e senza interruzione.

2. Vi consacrerete un mese intero, ed anche di più se ne sentite l'allettamento. Vi è materia abbondante per due esercizi al giorno. Quel che è indicato come studio o spiegazione può servire di meditazione e in ogni caso deve esser letto con grandissima attenzione.

3. Date qualche solennità al vostro ingresso in questo grande lavoro di riforma. La sera della vigilia andate a bella posta in chiesa. Inginocchiatevi dinanzi a Gesù così umile nel tabernacolo. Recitate adagio il Veni Creator. Dopo, recatevi alla cappella della Madonna. Invocate anche quei santi la cui umiltà maggiormente vi colpisce:
S. Francesco d'Assisi, San Antonio da Padova, S. Francesco di Sales, S. Vincenzo de’ Paoli, S. Benedetto Labre... e ad essi chiedete luce, volontà, perseveranza.

II.



SGUARDO PRELIMINARE

L'umiltà! Tutta la tradizione cristiana è unanime nell’esaltarla, tutte le anime pie ne sono affamate; Gesù l'ha elevata all'altezza della redenzione associandola al dolore; ed inoltre, non la vuole e mantiene forse come un'aureola intorno all'Eucarestia? 

Dove essa manca, manca la virtù. 
Iddio penetra e riempie solo il vuoto che essa gli fa.

Ma questa prodigalità di elogi apporta luce? E questa ammirazione generale forma la piena convinzione? Oh! quanto vago resta nelle idee e nelle coscienze! 
Quanta insufficienza quasi dappertutto! 
E se la natura stessa dell'umiltà è poco conosciuta, la sua sfera d'influenza è conosciuta anche meno.

Le meditazioni lungamente pensate di questo libro sono preparate e dirette agli spiriti seri che vogliono comprendere ed alle anime pie che vogliono progredire.
Le grandi cose sono sempre nascoste nelle profondità; le ricchezze minerali giacciono sotto la crosta terrestre; prodigi di forza sembra che dormano nella inerte materia; meraviglie di meccanismo scherzano nei movimenti del mondo siderale, e si intravedono nelle viscere dell'essere vivente segreti così profondi che nessuno è capace di svelare. Osservate, osservate "bene... in fondo all'umiltà regna un che d'infinito; noi siamo in pieno soprannaturale.

La virtù presa nel suo insieme è una vita; ciascuna virtù è uno dei suoi organi. 
Non vi è dubbio, ogni virtù ha le sue proprie bellezze, tuttavia ciascuna si riveste anche della bellezza delle sue sorelle per il fatto dell'unità della vita e della legge di ricambio. Ciò nonostante alcune vi partecipano più da vicino, più largamente e con maggiore continuità, in un modo più necessario; la vita stessa si muove in ogni parte dell'insieme, persino nella più intima, ma non vi si estende, e non vi brilla nella stessa guisa. Noi ci accingiamo a studiare la parte che spetta all'umiltà; e forse vi scopriremo un'umiltà che non conoscevamo.

Per avanzare però con passo sicuro dobbiamo andare adagio e con metodo; prima di giungere alle sommità bisogna attraversare delle regioni prive di ogni allettamento ed arrampicarsi su per erte difficili. Affinché la strada ci sia meno penosa la percorreremo con l'aiuto di vari mezzi : studi che ci presentano vedute generali ; osservazioni più brevi che delucidano un punto oscuro; riflessioni pie che pongono in mostra i risultati d'una scoperta; ma. soprattutto, meditazioni profonde che immergono l'anima in un'atmosfera di verità sotto il gran sole della grazia.

Le anime di buon volere non si scoraggino dinanzi a queste sublimi verità giudicandosi impotenti a penetrarle; piuttosto tengano lo sguardo fisso nella luce dall'alto. 

La scienza umana si comunica solo ai seguaci del mondo, ma la scienza di Dio è data con prodigalità ai piccoli ed agli umili: questi non hanno bisogno di lunghi ragionamenti. 

Se, dunque, qualche parte di questo libro e oscura per essi, non si affliggano né si perdano d'animo: la luce li attende forse allo svolto di una via. sotto una frase più semplice, ma pure piena di verità. Talvolta un semplice particolare può essere una rivelazione per certe anime.

Tuttavia, per appagare coloro che amano di sintetizzare daremo una rapida occhiata al cammino che dovremo percorrere in tutto questo libro. Basta che gettiamo un primo sguardo sull'umiltà come virtù speciale, ed un secondo sopra la sua sfera d'influenza.

I. L'umiltà, virtù speciale.

1. L'orgoglio non è altro che un deviamento di due tendenze legittime.

— Sentimento di superiorità, ricerca di preminenza, è forse l'orgoglio un ricordo della nostra originale grandezza? 
Allora il suo torto consisterebbe nel non essere più al suo posto. 
Re detronizzato per propria colpa, e altero sotto i suoi cenci, “ Dio caduto che si rammenta dei cieli “ ecco come ci si mostrerebbe l'uomo nella sua tendenza all'orgoglio. O, piuttosto, l'orgoglio, disordine e vizio, invece di essere l'impronta d'una corona perduta, sarebbe forse il marchio d'una rivolta domata?
 “ Eritis sicut dii ”. 
Cosi la tentazione sarebbe passata nel sangue per turbarlo e sconvolgerlo. 
Questa doppia origine spiegherebbe il perché l'uomo si mostri ad un tempo e grande e abbietto.

Ciò nonostante, in realtà è più esatto considerare questo difetto come il deviamento di sentimenti utili messi da Dio stesso nella natura umana. Questi sentimenti, in ultima analisi, si riducono a due: stima di sé, desiderio della stima degli altri. La stima di sé e la base della dignità personale; il desiderio della stima degli altri è una delle basi della sociabilità.
Queste inclinazioni sono così profonde e così spontanee che appartengono, per un lato, alla classe degli istinti, e si rassomigliano a quello della conservazione. Del resto esse hanno uno stesso genere di funzioni: l'istinto della vita attacca l'uomo ad una esistenza d'ordinario miserabile; quello della stima di sé l'attacca alla propria personalità. quantunque sia di poco valore; l'istinto poi del desiderio della stima l'attacca al bene pubblico, malgrado la fragilità dei vantaggi che prodiga. 

Queste due ultime tendenze sono soggette a deviamenti così facili e naturali che portano l'impronta della caduta originale;
e per ciò spesso i moralisti le chiamano, senza distinzione, vizio.

II. L'umiltà è la virtù che ha l'ufficio di opporsi a questi deviamenti.
— “ Essa consolida lo spirito e gli impedisce di elevarsi in una maniera irragionevole ” (di sopraesaltarsi, superbia) (1). Essa riconosce e mantiene l'ordine nella stima di sé e nel desiderio della stima degli altri.

È dunque verità e giustizia. È verità, e, come tale, traccia la regola di direzione, È giustizia, e. come tale, inclina ad agire conforme a questa regola (2).
In quanto è verità, risiede nell'intelletto; in quanto è giustizia, risiede nella volontà. E siccome queste due facoltà agiscono l’una sull'altra, ogni sviluppo di luce accresce la forza dell'inclinazione, ed ogni sviluppo d'inclinazione aiuta a meglio cercare e a meglio intendere i motivi e le regole dell'umiltà.

Questo studio ha dunque per oggetto e l'una e l'altra di queste due facoltà per metterle in una condizione favorevolissima; ora la condizione più favorevole dell'intelletto è la convinzione, e la condizione più favorevole della volontà è la propensione.

Due lumi generano la convinzione: il lume della ragione e quello della rivelazione.
Due forze producono la propensione: quella della volontà e quella della grazia attuale. È da saggi il valersi di tutti questi aiuti. Quelli dell'ordine soprannaturale sono i più efficaci ed anche i più nobili.

Contentarsi dei doni della ragione per valutare quanto meritiamo sarebbe lo stesso che stabilire una virtù incompleta ed insufficiente. Pretendere di acquistare l'inclinazione all'umiltà con le nostre forze varrebbe quanto incominciare con una proposizione eretica e finire con una delusione.

I pagani conobbero dell'umiltà solo la modestia, e quel che ne conobbero lo praticarono molto imperfettamente. La vera nozione di questa virtù rampolla dai nostri dommi fondamentali, e la sua pratica completa dipende dalla grazia: essa è dunque eminentemente soprannaturale; 
ed il razionalista né saprebbe avere, e nemmeno ammettere l'umiltà così concepita.

Tuttavia si deve dare un campo vastissimo alle facoltà naturali nell'acquisto della virtù.

E per ben comprendere il valore di questa osservazione sarà bene ricordare qui alcune nozioni generali sulle virtù naturali e sulle virtù soprannaturali.

Il loro oggetto è identico: il bene; ed ogni virtù ha il medesimo speciale oggetto: il medesimo genere di bene. Così l'umiltà, o sia naturale o soprannaturale, regola e mantiene l'ordine rispetto alla stima personale e al desiderio della lode.

Queste virtù risiedono nelle stesse facoltà che sono, per le une e per le altre; le facoltà naturali. Le virtù naturali le penetrano, le virtù soprannaturali le “ perfezionano ”.
Ma queste differiscono totalmente per il modo onde sono prodotte e per il modo onde operano.

Le virtù soprannaturali sono poste in noi con una specie di creazione, che la teologia chiama infusione; quindi, virtù soprannaturale è sinonimo di virtù infusa.

Iddio le infonde nell'anima del fanciullo appena è battezzato, e le infonde tutte insieme. L'aumento d'una trae con sé l'aumento di tutte le altre, e tutte si perdono ad un tempo per il peccato mortale ad eccezione delle virtù della fede e della speranza. Rivivono poi tutte insieme per la giustificazione.

Le virtù naturali, al contrario, si formano lentamente mediante numerosi atti, e si perdono solo a lungo andare, di maniera che un peccato mortale non le distrugge.
È chiaro che il nome di abito, conviene solo a queste ultime. L'inclinazione, la forza, l'abilitarvi si accumulano a poco a poco come in un membro che si esercita al lavoro.

Le virtù soprannaturali ricevono il loro incremento dal di fuori, e non dallo sviluppo; e in esse, ad un grado di aumento non corrisponde necessariamente un accrescimento di forza e d'inclinazione.

I teologi caratterizzano questa differenza con due espressioni che l'uso ha ormai consacrato. Le virtù infuse, essi dicono, danno il simpliciter posse, il semplice potere.
Come sarebbe a dire l'attitudine. L'abito dà il faciliter posse, la vera facilità. Le grazie attuali la danno ugualmente, ma in modo transitorio.

Un paragone porrà in chiaro queste distinzioni. Un tessuto può essere fine od ordinario, fitto o rado; dipende dal bagno speciale di porpora nel quale è stato immerso. Il bagno nulla ha mutato della sua natura: il tessuto rimane fine od ordinario, fitto o rado; ma è asceso ad un grado di un ordine superiore. Il suo costo e l'uso che se ne farà non sono più gli stessi. Basta poi che un reagente chimico gli tolga il colore perché ritorni un tessuto volgare.

Le virtù soprannaturali fan passare il nostro essere dal suo ordine umano all'ordine soprannaturale; trasformano le nostre facoltà e loro comunicano, con una bellezza speciale, l'attitudine, la semplice attitudine però a produrre atti soprannaturali. 

L'attività verrà dalle grazie attuali, dalle disposizioni della volontà e dagli abiti.
Da ciò apparisce che. in generale, negli adulti, la virtù sarà caratterizzata dallo sforzo: perché le virtù soprannaturali non sono fatte per lasciare inattive le forze naturali, o per soppiantarle: ma sì per nobilitarle, perfezionarle e alimentarle. Esse con la loro presenza le innalzano all'ordine soprannaturale; le perfezionano e le alimentano con le grazie attuali che attirano.
Queste grazie attuali ci offrono vantaggi inestimabili: Dio le centuplica nell'anima che ad esse corrisponde; e la preghiera gli offre l'opportunità di prodigarle senza merito e senza misura. Sotto la loro onnipotente influenza, gli atti virtuosi si moltiplicano e si compiono con intensità: le facoltà naturali che li producono, si formano, si sviluppano e finalmente acquistano l'inclinazione, la facilità e la spigliatezza a simili atti, addivenendo così le condizioni degli abiti un fatto compiuto.

Si troveranno spiegazioni più complete nel nostro libro intitolato: Pratica progressiva della confessione, t. Il, cap. II (3).

(continua)