Don G.Tomaselli
LA MALDICENZA
Il
parlare male del prossimo è un peccato molto comune; purtroppo non ne sono
esenti neppure le persone che praticano la santa Religione.
Come
la bestemmia sta facilmente nella bocca degli uomini, così la mormorazione sta
specialmente nella bocca delle donne.
Il
parlare male è frutto di leggerezza, perché non si riflette a ciò che si dice e
non si misurano le funeste conseguenze di una parola imprudente.
Il Signore
pare che abbia voluto mettere un riparo al pericolo di parlare senza
riflessione, collocando, per così dire, due cancelli davanti alla lingua, cioè
i denti e le labbra.
Chi vuol parlare a carico di altri, prima di mettere in
attività la lingua pensi se è il caso di aprire i due cancelli, oppure se è
meglio restare con la bocca chiusa.
Siccome
non si bada a ciò, ecco perché si semina tanto male parlando!
Quando non si sa
parlare, meglio è tacere. Spesso ci si pente d'aver parlato, difficilmente di
aver taciuto.
Chi parla male degli altri, fa tre danni morali.
Il primo lo reca
all'anima propria, macchiandola di peccato;
il secondo danno lo fa a chi
ascolta la mormorazione, perché pecca chi ascolta volentieri il mormoratore;
il terzo lo fa a colui del quale sparla, togliendogli l'onore.
Il
buon nome.
Noi
abbiamo i beni di fortuna, che sono le ricchezze; chi ci ruba qualche cosa, si
chiama ladro.
Abbiamo
la vita del corpo, che vale più delle ricchezze; chi toglie la vita al prossimo,
si chiama assassino.
Abbiamo
la vita morale, cioè il buon nome, per cui possiamo stare in società onoratamente;
per mezzo del nostro buon nome possiamo fare bene a noi ed agli altri.
Il nome
onorato è comunemente più apprezzato della stessa vita del corpo; difatti chi
ha perduto l'onore, spesso preferisce aver perduto la vita.
Quando
un miserabile, con una calunnia o con una grave mormorazione, ha tolto il buon
nome e l'onore ad un individuo o ad un'intera famiglia, come si dovrebbe chiamare?
Ladro? ... Assassino? ... Peggio ancora! Demonio in carne!
La
calunnia.
È
calunnia l'attribuire una colpa ad un innocente. Da non pochi si crede essere
calunnia soltanto l'incolpare innocentemente di atti di disonestà; invece è
pure calunnia dare del ladro o dell'assassino o dell'irreligioso a chi non è
tale, o attribuirgli altra mancanza. Calunniare di colpe gravi, è grave
peccato.
Frutti
nefasti.
La
calunnia è l'arma dei vili e dei malvagi. Quando ci si vuol vendicare e non si
può riuscire altrimenti, s'inventa un'accusa contro la persona odiata e si
diffonde spudoratamente;
c'è chi non vi crede,
c'e chi dubita dell'accusa e
c'è chi l'ammette senz'altro.
Ordinariamente la calunnia nasce da gelosia.
Risplendendo infatti qualcuno per bontà,
per virtù o per merito, così da
eccellere sugli altri, suscita nei malvagi dapprima invidia e dopo forte
gelosia.
Allora
si tenta di oscurare la persona benemerita con incolparla di ciò che non ha
commesso;
per lo più la calunnia ottiene il suo scopo, perché il male suole
essere più creduto del bene.
Si vedono perciò illustri personaggi, che hanno
coperto alte cariche civili e religiose, essere deposti all'improvviso;
si
vedono abili impiegati, modello di onestà, essere allontanati dal loro
ufficio, ove onoratamente guadagnavano il pane, ed essere anche imprigionati;
si vedono ottime signorine, fiori di modestia cristiana, costrette a non
uscire di casa per non essere segnate a dito come scandalose;
inoltre tante
altre signorine, che hanno perduto dei buoni partiti di matrimonio, sono prese
da rabbia o malinconia cronica e vanno a finire al manicomio o troncano la vita
col suicidio.
Ecco quali sono i frutti della calunnia! Quanti torrenti di
lacrime e di sangue ha fatto versare la maledetta lingua!... C'è però un Dio
giustissimo, il quale a suo tempo ripaga tutto e sa dare al calunniatore il
meritato castigo!
Castigo
del calunniatore.
S.
Elisabetta, regina di Portogallo, era molto caritatevole. Oltre a fare
l'elemosina personale, si serviva in modo particolare di un suo paggio, di nome
Don Pedro.
Questi era di molta virtù e perciò veniva
stimato assai dalla
regina.
Un altro paggio ebbe di ciò grande gelosia e determinò di calunniarlo,
nella speranza di farlo allontanare dalla corte.
Questo
malvagio si presentò un giorno al re Díonigi e gli disse: Maestà, sappiatevi
guardare! Il paggio Don Pedro ha delle mire segrete verso la regina! - Colorì
la calunnia così bene, che il re sospettò fortemente della sposa.
Il
monarca non ebbe più pace e prese la risoluzione di disfarsi completamente
di
Don Pedro.
Passando un giorno vicino ad una fornace di calce, egli chiamò le
persone che avevano da alimentare il fuoco e disse loro: Domani mattina vi
manderò un paggio della corte e vi chiederà: « Sono stati eseguiti gli ordini
del re? » Subito lo piglierete e lo getterete nella fornace ardente.
Ritornando
al palazzo, il re chiamò il paggio che credeva cattivo e gli comandò di andare
l'indomani di buon'ora a portare il messaggio ai lavoratori della fornace.
Don
Pedro la mattina seguente si avviò per tempo al luogo stabilito; Dio però
vegliava
sopra di lui e non permise che avesse a fare una morte così tragica.
Passando difatti il buon paggio davanti a una chiesa e sentendo suonare il
campanello della Consacrazione, vi entrò ed ascoltò la Messa. Finita questa, subito
ne cominciò una seconda e poi una terza; volle ascoltare anche queste, per fare
un atto di ossequio a suo padre, il quale sul letto di morte, dandogli l'ultima
benedizione, gli aveva detto: Ti raccomando caldamente di ascoltare sino alla
fine tutte le Messe che vedrai incominciare.-
Intanto
il re Dionigi, impaziente di sapere l'esito del suo disegno, chiamò l'altro
paggio, il calunniatore, e lo mandò a chiedere ai lavoratori della fornace se
avessero eseguiti i suoi ordini.
Appena presentatosi alle persone che avevano
cura del fuoco, venne preso e gettato nelle fiamme.
Dopo
non molto si presentò anche Don Pedro. - Avete eseguito, disse, gli ordini del
re? - Sì, tutto è stato fatto! -
Quando
il monarca Dionigi vide comparire Don Pedro, pieno di meraviglia, si fece
raccontare tutto e ammirò i disegni di Dio.
Volle appurare meglio il suo
sospetto e si convinse che Don Pedro era stato calunniato da quel paggio
cattivo.
Il
fuoco della fornace fu per quel calunniatore il preludio del fuoco eterno
dell'inferno.
Riparazione.
Chi
ruba è tenuto a restituire; chi uccide, è tenuto a riparare i danni; chi calunnia,
deve fare di tutto per ridare al prossimo il buon nome.
Chi
non vede però quanto sia difficile riparare la calunnia?
Si deve andare da chi
ha sentito la falsa accusa e dire: Ciò che vi ho detto della tale persona, non
è vero! - Se la notizia della calunnia si è diffusa, si deve pure diffondere la
notizia che tutto è falso.
Tutto questo importa umiliazione e non sempre si è
disposti a sobbarcarsi a ciò.
Eppure, se il calunniatore non ripara così, non
può essere perdonato dal confessore e perderà l'anima sua.
Quando
dalla calunnia sono venuti dei danni, come la perdita dell'impiego o di altro,
il calunniatore è tenuto in coscienza nei limiti del possibile a risarcire
tutto.
Come riparare certi danni, quando, ad esempio, si è gettata nella
miseria una famiglia o si e troncato un avvenire ad una giovane? ...
Tuttavia,
come colui che deve sciogliere un grosso debito vi pensa e vi ripensa, così chi
ha calunniato non dovrebbe riposare se non avrà riparato il male fatto.
Una
buona lezione.
S.
Filippo Neri, volendo dare una solenne lezione ad una donna, la quale facilmente
parlava male del prossimo, e qualche volta calunniava, le disse: Prendete una
gallina, uccidetela e partatela qui. - La donna ubbidì.
Il Santo allora le
ingiunse di andare per le vie di Roma e di spargere ad ogni passo una penna di
gallina, gettandola per aria.
Fatto
questo, la donna ritornò dal confessore, S. Filippo. - Padre, ho fatto la
penitenza delle mie mormorazioni e delle calunnie.
Mi è costato un po'
d'umiliazione l'andare in giro seminando le penne, ma almeno ho scontato i
miei peccati. -
San Filippo le rispose: Ancora siete alla prima parte della
penitenza; rimane la seconda.
- E quale sarebbe? - riprese la donna. - Ora
dovete ritornare sulle stesse vie che avete percorse e raccogliere le penne che
avete sparse, senza tralasciarne alcuna.
-
Padre, ma che cosa dite? Come è mai possibile fare ciò? C'era vento quando
spargevo le penne! A quest'ora il vento le avrà trasportate chissà dove! -
Ebbene, conchiuse il Santo, come non è possibile raccogliere tutte le penne,
così non è possibile riparare tutto il male che voi avete fatto calunniando e
mormorando!
Le vostre parole a carico degli altri sono volate da persona a
persona come le penne della gallina.
Correggetevi una buona volta!
Giovò
la lezione? È da sperare!