DISCORSO 327
Non la pena ma la causa distingue i martiri dai malviventi.
Abbiamo cantato al Signore con la voce dei martiri: Fammi
giustizia, o Dio, e distingui la mia causa da quella di gente spietata . È
la voce dei martiri. Chi può aver l'audacia di dire: Fammi giustizia, o
Dio,se non chi ha una degnissima causa? L'anima viene messa alla prova con
promesse e minacce, allettata da lusinghe, sottoposta a torture: dai martiri
invitti tutto è superato per amore di Cristo. Fu vinto il mondo con le sue
promesse, fu vinto il mondo che si faceva spietato. Il piacere non valse a
trattenere, i tormenti non furono causa di terrore.
L'oro purificato nel crogiuolo non teme il fuoco dell'inferno.
Pertanto, come purificato dal fuoco della tribolazione, il beatissimo martire
dice sicuro: Fammi giustizia, o Dio. Fa' giustizia di tutto ciò che
in me avrai trovato di buono. Di che piacerti me l'hai donato tu: scoprilo in
me e fammi giustizia.
Non mi ha trattenuto il piacere del mondo, non mi distoglie da te la sofferenza che viene dal mondo.
Fammi giustizia, e distingui la mia causa da quella di gente spietata. Molti sono a soffrire tribolazioni; uguale l'intensità del patire, ma non altrettanto uguale è la causa.
Molti mali soffrono gli adulteri, molti mali soffrono i malfattori, molti mali soffrono i ladri e gli omicidi, molti mali soffrono tutti i delinquenti, molti mali - dice - anch'io soffro, quale martire tuo: ma distingui la mia causa da quella di gente spietata, dei ladri, degli omicidi, di tutti i malvagi.
Possono soffrire tutto quanto io soffro: non possono avere una causa tale qual è la mia. Io, nel crogiuolo, sono purificato; quelli sono ridotti in cenere. Persino gli eretici soffrono e si procurano da sé la maggior parte delle pene; anzi, vogliono essere chiamati martiri.
Ma contro di loro abbiamo cantato: Distingui la mia causa da quella di gente spietata. Non la pena, ma la causa fa il martire.
Non mi ha trattenuto il piacere del mondo, non mi distoglie da te la sofferenza che viene dal mondo.
Fammi giustizia, e distingui la mia causa da quella di gente spietata. Molti sono a soffrire tribolazioni; uguale l'intensità del patire, ma non altrettanto uguale è la causa.
Molti mali soffrono gli adulteri, molti mali soffrono i malfattori, molti mali soffrono i ladri e gli omicidi, molti mali soffrono tutti i delinquenti, molti mali - dice - anch'io soffro, quale martire tuo: ma distingui la mia causa da quella di gente spietata, dei ladri, degli omicidi, di tutti i malvagi.
Possono soffrire tutto quanto io soffro: non possono avere una causa tale qual è la mia. Io, nel crogiuolo, sono purificato; quelli sono ridotti in cenere. Persino gli eretici soffrono e si procurano da sé la maggior parte delle pene; anzi, vogliono essere chiamati martiri.
Ma contro di loro abbiamo cantato: Distingui la mia causa da quella di gente spietata. Non la pena, ma la causa fa il martire.
Uguale la pena dei due crocifissi insieme al Signore, tutt'altra la
causa.
Nella passione del Signore
tre erano le croci, unica la pena, tutt'altra la causa.
A destra un ladro, a sinistra un altro ladro, al centro il Giudice, che pendeva sulla croce fra i due; quasi a sentenziare in tribunale, ascoltò l'uno che diceva: Se sei giusto, salvati, ascoltò l'altro che rimproverava il suo pari e diceva: Tu non temi Dio?
Noi soffriamo questo per le nostre cattive azioni; costui è giusto davvero. La propria causa era ingiusta, eppure distingueva la causa dei martiri.
Infatti, che altro vuol dire: Noi soffriamo questo per le nostre cattive azioni; costui è giusto davvero? Chi potrebbe distinguere la causa dei martiri dalla causa degli empi sottoposti alla pena?
Costui, dice, è riconosciuto giusto; noi siamo la causa del nostro patire, noi soffriamo per le nostre cattive azioni. Signore: fa' attenzione a quel che vuol dire al suo compagno di pena.
Anche Cristo era appeso alla croce, ma, al contrario di loro, non era sfigurata la sua dignità.
Il Signore si distingueva dal crocifisso.
Una cosa sola avevano in comune: la croce; non unica era la ricompensa. Ma che dico? Tu dai una ricompensa a Cristo che è appunto colui che ricompensa? Signore - disse - ricordati di me quando sarai nel tuo regno .
Aveva sotto gli occhi uno che pendeva dalla croce, vedeva un crocifisso; eppure sperava che avrebbe regnato.
Disse: Ricordati di me, non adesso, ma quando sarai nel tuo regno. Ho commesso molti delitti, volle dire, non mi attendo un immediato riposo: siano sufficienti i miei tormenti fino alla tua venuta. Che al presente io mi trovi nella tortura; quando sarai venuto, allora, sii indulgente.
Quello si rimetteva a più tardi, ma, a lui che non lo chiedeva, Cristo donava il paradiso. Ricordati di me: ma quando?
Quando sarai venuto nel tuo regno. E il Signore: In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso .
I miei discepoli mi hanno abbandonato, non hanno avuto speranza in me, mentre tu mi hai riconosciuto sulla croce, non hai disprezzato il morente, hai sperato in colui che regnerà.
Oggi sarai con me in paradiso. Non ti abbandono.
Differente è la causa; lo è forse la pena?
Buona perciò l'espressione: Fammi giustizia, o Dio, e distingui la mia causa da quella di gente spietata . Tutti noi che viviamo in questo mondo, diamoci da fare per avere una causa giusta, così da poterne uscire con una causa giusta se ci sarà capitato qualcosa in questa vita.
A destra un ladro, a sinistra un altro ladro, al centro il Giudice, che pendeva sulla croce fra i due; quasi a sentenziare in tribunale, ascoltò l'uno che diceva: Se sei giusto, salvati, ascoltò l'altro che rimproverava il suo pari e diceva: Tu non temi Dio?
Noi soffriamo questo per le nostre cattive azioni; costui è giusto davvero. La propria causa era ingiusta, eppure distingueva la causa dei martiri.
Infatti, che altro vuol dire: Noi soffriamo questo per le nostre cattive azioni; costui è giusto davvero? Chi potrebbe distinguere la causa dei martiri dalla causa degli empi sottoposti alla pena?
Costui, dice, è riconosciuto giusto; noi siamo la causa del nostro patire, noi soffriamo per le nostre cattive azioni. Signore: fa' attenzione a quel che vuol dire al suo compagno di pena.
Anche Cristo era appeso alla croce, ma, al contrario di loro, non era sfigurata la sua dignità.
Il Signore si distingueva dal crocifisso.
Una cosa sola avevano in comune: la croce; non unica era la ricompensa. Ma che dico? Tu dai una ricompensa a Cristo che è appunto colui che ricompensa? Signore - disse - ricordati di me quando sarai nel tuo regno .
Aveva sotto gli occhi uno che pendeva dalla croce, vedeva un crocifisso; eppure sperava che avrebbe regnato.
Disse: Ricordati di me, non adesso, ma quando sarai nel tuo regno. Ho commesso molti delitti, volle dire, non mi attendo un immediato riposo: siano sufficienti i miei tormenti fino alla tua venuta. Che al presente io mi trovi nella tortura; quando sarai venuto, allora, sii indulgente.
Quello si rimetteva a più tardi, ma, a lui che non lo chiedeva, Cristo donava il paradiso. Ricordati di me: ma quando?
Quando sarai venuto nel tuo regno. E il Signore: In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso .
I miei discepoli mi hanno abbandonato, non hanno avuto speranza in me, mentre tu mi hai riconosciuto sulla croce, non hai disprezzato il morente, hai sperato in colui che regnerà.
Oggi sarai con me in paradiso. Non ti abbandono.
Differente è la causa; lo è forse la pena?
Buona perciò l'espressione: Fammi giustizia, o Dio, e distingui la mia causa da quella di gente spietata . Tutti noi che viviamo in questo mondo, diamoci da fare per avere una causa giusta, così da poterne uscire con una causa giusta se ci sarà capitato qualcosa in questa vita.