di Padre Jacques Philippe
Dipinto dell'esimia Artista Dona Gelsinger
2.Pace interiore e fecondità apostolica
Questa ricerca della pace interiore potrebbe sembrare ad
alcuni molto egoistica: perché porsi questo come obiettivo principale, mentre nel mondo vi sono tanta
sofferenza e tanta miseria?
A tale osservazione dobbiamo anzitutto rispondere che la pace in questione è quella del Vangelo.
....
....
... la pace di cui
parliamo è una vera apertura alle sofferenze del prossimo e di
un'autentica compassione.
Poiché solo questa pace del cuore ci libera da noi stessi, aumenta la nostra sensibilità verso l'altro ci rende disponibili al prossimo.
Poiché solo questa pace del cuore ci libera da noi stessi, aumenta la nostra sensibilità verso l'altro ci rende disponibili al prossimo.
In aggiunta diremo che solo l'uomo che gode di questa
pace interiore può aiutare in modo efficace un fratello. Come, infatti, donare la pace ad altri se non
la si possiede? Come potrà esserci pace nelle famiglie, nella società, tra le persone, se prima di tutto non regna
la pace nei cuori?
« Conquista la pace interiore e una moltitudine troverà
la salvezza presso di te », diceva san Serafino di Sarov, un grande santo russo del settecento. Per
acquisire questa pace interiore, egli si è sforzato di vivere nella preghiera incessante. Dopo sedici anni di
vita monastica e sedici di vita eremitica, rimase altri sedici anni recluso in una cella. Egli ha cominciato a
irradiare in modo visibile quanto s'era operato nella sua anima, solo dopo quarantotto anni di vita
contemplativa.
Ma con quali frutti! Migliaia di pellegrini
andavano a lui e ripartivano confortati, liberati da
dubbi e inquietudini, illuminati sulla loro vocazione, guariti nel corpo e nell’anima.
L'esortazione di san Serafino non fa che testimoniare la
sua esperienza personale, identica a quella di tanti altri santi. L'acquisizione e il mantenimento della
pace interiore, impossibili senza la preghiera, dovrebbero essere considerati una priorità, soprattutto
per chi ha la pretesa di voler fare del bene al prossimo. In caso contrario, spesso comunicheremmo a chi
è nella difficoltà solo le nostre inquietudini.
3. Pace e lotta spirituale
E' necessario soffermarci su un'altra verità, non meno
importante: la vita cristiana è una lotta, una guerra senza tregua. San Paolo ci invita, nella lettera degli
Efesini, a rivestire l'armatura di Dio per lottare « non contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i
Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che
abitano nelle regioni celesti » (Ef. 6,10-17).
Egli descrive dettagliatamente tutti i pezzi di quella armatura che dobbiamo indossare.
Egli descrive dettagliatamente tutti i pezzi di quella armatura che dobbiamo indossare.
Ogni cristiano dev'essere ben convinto che la sua vita
spirituale non può in alcun caso ridursi a uno
scorrere tranquillo di giorni senza storia, ma deve
essere il luogo di una lotta costante (contro il male, le tentazioni, lo scoraggiamento), a volte dolorosa, che
terminerà solo alla morte.
Quest'inevitabile lotta è da interpretare come una realtà estremamente positiva. Poiché « non c'è pace senza guerra » (Santa Caterina da Siena),
senza lotta non c'è vittoria. Proprio questo conflitto è il luogo della nostra purificazione e della nostra crescita spirituale, in tal modo impariamo a conoscere noi stessi nella nostra debolezza e Dio nella sua infinita misericordia. È in definitiva il modo scelto da Dio per la nostra trasfigurazione e la nostra glorificazione.
Quest'inevitabile lotta è da interpretare come una realtà estremamente positiva. Poiché « non c'è pace senza guerra » (Santa Caterina da Siena),
senza lotta non c'è vittoria. Proprio questo conflitto è il luogo della nostra purificazione e della nostra crescita spirituale, in tal modo impariamo a conoscere noi stessi nella nostra debolezza e Dio nella sua infinita misericordia. È in definitiva il modo scelto da Dio per la nostra trasfigurazione e la nostra glorificazione.
Ma la lotta spirituale del cristiano, pur essendo
talvolta dura, non è mai la guerra disperata di chi si batte in solitudine, alla cieca, senza nessuna certezza circa
l'esito dello scontro. È la lotta di chi combatte con l'assoluta certezza che la vittoria è già assicurata,
perché il Signore è risorto:
« Non piangere più; ecco, ha vinto il Leone della tribù di Giuda » (Ap 5,1).
Così, non combattiamo da soli con le nostre forze, ma con il Signore che ci dice: « Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza » (2 Cor 12,9)
e la nostra arma principale non è la naturale fermezza del carattere o l'abilità umana, ma la fede, questa totale adesione a Cristo che ci permette, anche nei momenti peggiori, di abbandonarci con fiducia cieca a Colui che non ci abbandonerà.
« Tutto posso in Colui che mi dà la forza » . Ed ancora: « II Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? » (Salmo 27).
« Non piangere più; ecco, ha vinto il Leone della tribù di Giuda » (Ap 5,1).
Così, non combattiamo da soli con le nostre forze, ma con il Signore che ci dice: « Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza » (2 Cor 12,9)
e la nostra arma principale non è la naturale fermezza del carattere o l'abilità umana, ma la fede, questa totale adesione a Cristo che ci permette, anche nei momenti peggiori, di abbandonarci con fiducia cieca a Colui che non ci abbandonerà.
« Tutto posso in Colui che mi dà la forza » . Ed ancora: « II Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? » (Salmo 27).
Il cristiano dunque lotta con energia, chiamato com'è a
resistere « fino al sangue nella lotta contro il peccato » (Eb 1,4). Lo fa però con cuore tranquillo e la
sua lotta è tanto più efficace quanto più il suo cuore dimora nella pace. Perché è proprio questa pace
interiore che gli permette di lottare
non con le proprie forze - che verrebbero meno - ma con quelle di Dio.
non con le proprie forze - che verrebbero meno - ma con quelle di Dio.
4. La pace: scopo frequente della lotta spirituale
Abbiamo appena detto che il credente in tutte le sue
battaglie, qualunque ne sia la violenza, si sforzerà di custodire la pace del cuore per lasciar combattere in lui il
Dio delle schiere. Ebbene, bisogna che egli sappia quanto segue: la pace interiore non è solamente una
condizione della lotta spirituale, essa ne è - molto spesso - il fine. E' molto frequente che la lotta
spirituale consista esattamente in questo: difendere la pace interiore dal nemico che si sforza di rapircela.
In effetti, una delle abituali strategie messe in atto
dal demonio per allontanare un'anima da Dio e
ritardarne il processo spirituale, è tentare di farle
perdere la pace interiore, ecco cosa dice in merito
Lorenzo Scupoli, uno dei più grandi maestri spirituali
del sedicesimo secolo, molto stimato da San Francesco di Sales: « II demonio si sforza con tutto se
esso di bandire la pace dal nostro cuore, perché sa che Dio dimora nella pace ed è nella pace che opera
grandi cose ». Sarà molto utile rammentarlo perché spesso, nello svolgimento quotidiano della nostra vita
cristiana, accade che sbagliamo combattimento - se così si può dire - che mal orientiamo i nostri
sforzi. Combattiamo su un terreno dove il diavolo ci trascina sottilmente e sul quale può vincerci, invece di
combattere sul vero campo di battaglia dove, con la grazia di Dio, siamo sempre sicuri di vincere. Questo
è uno dei grandi segreti della lotta spirituale: non
sbagliare combattimento, saper discernere, malgrado le
astuzie dell'avversario, contro cosa dobbiamo realmente lottare e dove dirigere i nostri sforzi.
E' errata la convinzione che, per riportare la vittoria
nella lotta spirituale, occorra vincere tutti i nostri difetti, non soccombere mai alla tentazione, non avere
più debolezze e mancanze. Su questo terreno saremo immancabilmente sconfitti! Perché, chi di noi può
avere la pretesa di non cadere mai? Non è certo questo che Dio esige, « poiché egli sa di che siamo
plasmati, ricorda che noi siamo polvere » (Salmo 103).
Al contrario, la vera lotta spirituale, più che nel
perseguire una invincibilità ed una infallibilità
assolutamente fuori dalla nostra portata, consiste
principalmente nell'imparare a non turbarci
eccessivamente quando ci capita di essere miseri e a
saper approfittare delle nostre cadute per rialzarci
più in alto. Cosa sempre possibile, a condizione di non
perderci d'animo e di conservare la calma.
Si potrebbe dunque a ragione enunciare questo principio:
il primo obiettivo della lotta spirituale, verso cui devono tendere i nostri sforzi, non è ottenere sempre la
vittoria (sulle nostre tentazioni, sulle nostre debolezze, ecc.), è piuttosto imparare a custodire il
proprio cuore nella pace in tutte le circostanze, anche in caso di sconfitta. Solo così facendo potremo raggiungere l'altro scopo che è l'eliminazione progressiva delle nostre imperfezioni. Dobbiamo mirare a questa vittoria completa sui nostri difetti e desiderarla, ma essere ben consapevoli che non bastano le nostre proprie forze, e non pretendere di ottenerla immediatamente. E' unicamente la grazia di Dio che ci darà la vittoria e la sua azione sarà tanto più potente e rapida, se sapremo mantenere
l'anima nostra in pace ed abbandonarci con fiducia nelle mani del Padre.
l'anima nostra in pace ed abbandonarci con fiducia nelle mani del Padre.
(continua)