Christophe
Lebreton, martire di Tibhirine.
Poeta, scrittore,
cantore dell’amore di Dio, contemplativo dalla fede incarnata nella storia, ha
donato tutto di sé fino al martirio.
«Canterò il mio
poema per il Re»
Il volto dei martiri
manifesta e testimonia il Signore, rimanda al volto di Gesù, crocifisso e
risorto. Per questo la speranza non può morire. Speranza definita da Christophe
“a perdita di vita”, fino in fondo. Il martire è testimone di speranza: donare la
vita fa nascere e nascere vuol dire entrare nell’avvenire di Dio. Sperare è
saper leggere i segni dei tempi dalla prospettiva di colui che è Signore dello
spazio e del tempo, consapevoli che la storia converge verso di lui e in lui
troverà la sua ricapitolazione definitiva. Sperare è credere che «nessuna forza
omicida prevarrà, nonostante la violenza e la persecuzione che sembra togliere
ogni forza e ogni speranza per un futuro più umano. Beati i cuori puri, coloro
che sperano, che sanno guardare più lontano dell’orizzonte sbarrato dalla
minaccia di morte, poiché è oltre che Lui ci precede». Questa virtù teologale
ha permesso a Christophe e ai suoi confratelli di rimanere accanto a un popolo
martoriato, condividendone l’esistenza quotidiana fatta di rinunce, di
sofferenza, di alienazione, di paura. Testimone di questa speranza, Tibhirine,
che in lingua berbera vuol dire “giardino”, non ha finito di fecondare la terra
degli uomini.