La disumanità dell'uomo non si materializza soltanto negli atti corrosivi dei malvagi. Si materializza anche nella corruttrice inattività dei buoni.

Martin Luther King

Se vedi la carità, vedi la Trinità.

( Sant'Agostino )

sabato 16 agosto 2014

LA VITA DELLA MADONNA

 Secondo le contemplazioni
della pia Suora STIGMATIZZATA
Anna Caterina Emmerick



116 – Matarea: la Santa Vergine scopre una fonte vicino alla sua dimora. 
 Due Angeli annunciano 
a Gesù la morte di Erode

Anche in Matarea, in cui altra acqua non si conosceva che quella fangosa del Nilo, Maria fu esaudita nella sua preghiera rinvenendo una fonte naturale sotterranea. I primi tempi trascorsi in questo luogo furono veramente difficili innanzitutto per la scar­sità d’acqua. Infatti la Santa Famiglia soffrì molte privazioni vi­vendo solamente di frutta e d’acqua pessima. 


Già da molto tempo, Maria e Giuseppe cercavano invano una fonte d’acqua pura; Giuseppe si era già preparato ad andare nel deserto con l’asino, dove presso il boschetto di erbe balsamiche av­rebbe trovato l’acqua con cui riempire gli otri. 

Ma avendo la San­ta Vergine pregato il Signore con molta insistenza, un Angelo le svelò l’esistenza di una fonte d’acqua dietro la loro abitazione. Subito dopo la rivelazione, oltrepassando la muraglia che circondava la casa, Maria discese in una bassa spianata dove in mezzo ad un cumulo di rovine si vedeva un vecchio e grosso albe­ro. Ella teneva in mano una verga che portava all’estremità una paletta. Con questa battè il terreno presso l’albero e subito ne scaturì una fonte limpida e purissima

Piena di gioia, Maria corse ad avvertire Giuseppe che aprì meglio l’imboccatura della fonte. Quell’apertura, allora otturata, era gia esistita nei tempi antichissimi, infatti si conservavano ancora perfettamente alcune muraglie di un antico pozzo. 

Giuseppe la ria­prì di nuovo e la circondò assai abilmente di pietre. Dalla parte in cui Maria aveva battuto il terreno quando si era avvicinata al­l’antico pozzo, si trovava una grossa pietra che sembrava fosse servita da altare per antichi culti. 

Qui la Santa Vergine metteva spesso ad asciugare al sole le vesti ed i panni di Gesù. La riapertura del pozzo rimase sconosciuta agli altri e se ne servì solo la Santa Famiglia, finché vidi Gesù condurre gli altri fanciulli in questo luogo benedetto e dare loro da bere in una fo­glia ripiegata in forma di cono. 

Quando i fanciulli raccontarono il fatto ai loro parenti, vidi giungere altra gente al pozzo, che da allora in poi servì princi­palmente ai Giudei di Matarea. Vidi anche quando Gesù per la prima volta portò l’acqua a sua madre: Egli si accostò di soppiatto al pozzo con un secchio, ne attinse l’acqua e la portò a sua madre mentre questa pregava in ginocchio. 

Vidi la Madonna commuoversi indicibilmente e, sem­pre rimanendo inginocchiata, lo pregò di non farlo più perché avrebbe corso il rischio di cadere nel pozzo. Gesù rispose che avrebbe avuto cura di sé, ma che desiderava attingere l’acqua ogni qualvolta Lei ne avesse bisogno. 

Il piccolo Gesù prestava ai suoi genitori servizi di ogni spe­cie con grande cura e attenzione. Quando Giuseppe lavorava non troppo lontano da casa ed aveva dimenticato qualche arnese, Egli subito glielo portava. Io credo che la gioia dei genitori per quel Figlio così diligente fosse tanto grande da alleviare loro ogni altro dolore. Vidi Gesù recarsi parecchie volte ad un paese ebreo, distan­te circa un miglio da Matarea, per scambiare il lavoro di sua madre con il pane. I numerosi animali feroci che si aggiravano in quei dintorni non solo non gli facevano del male ma si comportavano con Lui amichevolmente. 

Lo vidi giocare perfino con i ser­penti. A cinque o sei anni Egli si recò per la prima volta da solo al paese ebreo, due Angeli gli apparvero lungo la via e gli comuni­carono che Erode il Grande era morto. Gesù allora si inginocchiò e pregò; quel giorno egli indossava una tunica di color bruno, or­nata di fiori gialli, che gli aveva confezionato la Santa Madre. 

Il Pargoletto divino non rivelò questa vicenda ai suoi Genitori, forse per umiltà o per il divieto degli Angeli, perché non doveva­no ancora abbandonare l’Egitto.

117 – Il pozzo di Matarea

Il pozzo di Matarea fu dunque di nuovo riattivato grazie al miracolo operato dalla Santa Vergine. Benché fosse caduto in ro­vina da molto tempo era ancora internamente murato. Vidi che anticamente quando Giacobbe aveva soggiornato in Egitto, precisamente in quello stesso luogo, egli aveva scoperto il pozzo e aveva compiuto un sacrificio sulla grande pietra che lo copriva. Al tempo in cui Abramo era andato a vivere in Egitto, aveva eretto le sue tende proprio presso il pozzo di Maratea e là aveva istruito il popolo radunato. 

Per alcuni anni Abramo aveva dimorato in questo paese in­sieme a Sara, a numerosi fanciulli e ragazze, le cui madri erano rimaste nella Caldea. Temendo che a causa della bellezza di Sara, sua consorte, gli Egiziani avrebbero potuto assassinarlo, aveva detto che questa era sua sorella. 

Non era falso perché Sara era veramente sua sorella adottiva ed era figlia di Tharah, padre di Abramo e di un’altra madre. Il re aveva fatto condurre Sara nel suo castello e voleva prenderla in moglie. 

Allora Sara ed Abramo pregarono Dio; subito dopo il re, le sue mogli, e tutte le donne della città si ammalarono. Quando il sovrano chiese agli indovini quale fosse la causa di tanto male, gli fu risposto che la causa era la moglie di Abramo. 

Il re allora gliela restituì, pregandolo di abbandonare subito l’Egitto, poiché egli riconosceva in Abramo la protezione degli dei. Abramo gli rispose che non poteva lasciare l’Egitto se prima non avesse avuto l’albero genealogico della sua famiglia, e narrò in qual modo quell’albero fosse colà pervenuto. 

Il sovrano, consultati i sacerdoti, fece restituire ad Abramo quanto gli apparteneva, domandandogli il permesso di poter tene­re nei suoi scritti memoria dell’avvenimento. Così Abramo ritornò col suo seguito nel paese di Canaan. Già all’epoca della Santa Famiglia, i lebbrosi conoscevano il pozzo di Matarea quale fonte taumaturgica assai efficace per gua­rire la loro malattia. 

Molto tempo dopo in questo luogo fu innalza­ta una piccola chiesa cristiana.

Presso l’altare vi era l’entrata attra­verso la quale si accedeva all’antica dimora di Maria. Il pozzo era circondato da case, e le proprietà terapeutiche 
del­l’acqua continuarono per secoli ad essere usate con grande efficacia contro numerose malattie, in particolare la lebbra. Alcuni, lavandosi con quell’acqua, perdevano subito il fetore che emanava dal loro corpo. Quest’uso perdurò ancora ai tempi dei Maomettani. Vidi che i Turchi tenevano sempre accesa una luce nella chiesa di Matarea; essi temevano persino qualche sciagura se avessero trascurato di accenderla. 

Nei tempi odierni il pozzo è finito lonta­no dall’abitato, circondato da molti alberi selvatici.

(continua)