La disumanità dell'uomo non si materializza soltanto negli atti corrosivi dei malvagi. Si materializza anche nella corruttrice inattività dei buoni.

Martin Luther King

Se vedi la carità, vedi la Trinità.

( Sant'Agostino )

mercoledì 6 agosto 2014

LA VITA DELLA MADONNA
 Secondo le contemplazioni
della pia Suora STIGMATIZZATA
Anna Caterina Emmerick


Capitolo VII

Sabato 10 febbraio 1821, Suor Emmerick si addormentò, dopo esse­re stata assai disturbata da preoccupazioni temporali relative all’abitazione. 
Si svegliò consolata perché aveva sognato un anziano e pio sacerdote di sua conoscenza che era venuto a confortarla.

Questo sacerdote pio e saggio mi disse: “Non curarti di nes­suna abitazione, ma pensa soltanto a tener puro il tuo cuore per ricevere degnamente il Signore quando Egli viene ad abitare in te. Quando Giuseppe giunse a Betlemme non cercò abitazione per sé ma piuttosto per Gesù, allora ripulì accuratamente la Grotta del Presepio”. Inoltre aggiunse: “Quando l’Angelo esortò Giuseppe a fuggire con Gesù e con Maria Santissima in Egitto, egli non si curò di cercare un’abitazione ma partì immediatamente obbedendo al comando Divino”.

Lo scrittore, supponendo che l’estatica avesse anche quest’anno vi­sioni relative alla fuga in Egitto, le domandò: “Giuseppe fuggì proprio in questo giorno in Egitto?”. Lei rispose chiaramente: “No, il giorno in cui la Santa Famiglia fuggì corrisponde al nostro 29 febbraio”.

In merito all’età precisa di Gesù al tempo della fuga, ella disse:
“Gesù poteva avere poco più di un anno; lo vidi giocare vicino ad un cespuglio di balsami durante una sosta”.

Un’altra volta Suor Emmerick disse di aver saputo che Gesù a quel­l’epoca aveva l’età di nove mesi.

Domenica 25 febbraio

Vedo la Santa Vergine lavorare all’uncinetto e tessere abitini. Tiene assicurato alla coscia destra un piccolo rotolo contenente della lana, ed in mano ha due bastoncini che mi sembrano d’osso e che portano alle estremità degli uncinetti. 

Il Santo Bambino giace nella culla e la Madonna lavora sedu­ta oppure in piedi, ma sempre vicino a Lui. Giuseppe invece la­vora come artigiano: intreccia delle stuoie con fili di scorza d’al­bero. 

Con queste forma delle intere tavole che servono per mon­tare letti. In una capanna vicino alla casa egli ha immagazzinato un gran numero di simili stuoie e le ha disposte l’una sull’altra. 

San Giuseppe lavora con molto amore, sulle stuoie vi scolpi­sce anche disegni raffiguranti stelle, cuori ed altre simili immagi­ni. Egli è lontano dall’immaginare la prossima persecuzione e la fuga in Egitto. Anna viene quasi ogni giorno a visitare la Santa Famiglia. Ebbi la visione di Erode che faceva arruolare nuove guardie: gli arruolati ricevevano equipaggiamento e armi in un grande cortile. Portavano al braccio una specie di scudo a
mezza­luna e impugnavano lance e sciabole corte assai larghe, simili ai nostri coltelli da macello. Avevano in testa l’elmo e molti portavano legacci intorno alle gambe.

Lunedì 26 febbraio

Vidi Erode assai agitato e tormentato nell’animo, come quan­do i Magi lo avevano interrogato se conosceva il nuovo “re dei Giudei”. Egli si consigliava con “i dotti delle sacre carte”, i quali studiavano i sacri Scritti contenuti in lunghe pergamene assicurate a dei bastoni lunghissimi. 

Siccome non si riusciva a stabilire con precisione dove fosse nato il “futuro re”, Erode diede l’ordine cru­dele di sopprimere con cautela tutti i fanciulli minori di due anni. I nuovi soldati, che appunto erano stati addestrati ed equipag­giati, furono inviati in diversi luoghi tra Gerusalemme e dintorni. La truppa più numerosa fu mandata a Betlemme. 
Credo che i soldati avessero ricevuto il compito di occupare i luoghi dove passavano le madri con i propri figli dirette a Gerusalemme. Que­sto veniva fatto per non agire direttamente nei centri abitati, per­ché il tiranno temeva eventuali sommosse popolari.

Martedì 27 febbraio

I soldati di Erode, oltre Gerusalemme e dintorni, strinsero la morsa intorno ad Hebron, Betlemme e in un altro paese che si tro­va presso il mar Morto. Gli abitanti di queste zone furono atterriti.


101 – Preghiera di Suor Emmerick nella ricorrenza della strage degli Innocenti: Dio salva un fanciullo per intercessione della Veggente

Ieri sera Suor Emmerick si addormentò molto agitata; improvvi­samente si alzò sul letto e, raggiante in volto, così esclamò:

“Il povero fanciullo è salvo! Ho pregato molto finché la ma­dre dopo averlo stretto a sé, ha rinunciato a gettarlo nella palude. Dio, come sono felice di ciò!”.

A queste parole, lo scrittore le domandò cosa avesse voluto dire; allo­ra la mistica di Dulmen così proseguì:

“Non molto lontano da qui, una ragazza sedotta voleva anne­gare il suo bambino appena nato. In seguito alle visioni sulla stra­ge degli Innocenti ho pregato Iddio con molto fervore affinché non lasciasse morire alcun bambino senza battesimo. Quando fiorisco­no le rose nel giardino della Chiesa celeste bisogna coglierle sulla terra; Dio mi ha così esaudito, ed io sono stata d’aiuto a quella madre e a suo figlio”.

Il giorno seguente Suor Emmerick descrisse la visione in modo più comprensibile:

“Il mio Angelo custode mi aveva condotto da una ragazza sedotta. Mi pare che fosse giunta nei pressi di una palude, a sini­stra della strada che conduce a K.. Dopo aver messo alla luce il bambino lo pose nel grembiule e si avvicinò faticosamente alla palude, la cui superficie era piena di erba. Dietro a lei vidi una figura gigantesca ed oscura vestita di luce sinistra, credo che fos­se uno spirito maligno. 

Appena avanzai, pregando ardentemente, la figura nera fuggì via. Frattanto la madre, dopo aver riabbracciato e benedetto il bam­bino, non ebbe più il coraggio di annegano. Era confusa e non sapeva cosa fare, pianse amaramente. Io, che ero giunta vicino a lei con lo spirito, la consolai e le suggerii di affidarsi al consiglio del suo confessore. Ella non mi vide ma il suo Angelo custode glielo riferì.

102 – Anna e la sua ancella portano sostegni alimentari alla Sacra Famiglia – Preghiera in comune

Martedì 27 febbraio

Oggi ho veduto Anna e l’ancella dirette a Nazareth. L’ancella portava un involto pendente al fianco, un canestro sul capo e un altro in mano. Erano panieri rotondi, di cui uno era trasparente e conteneva alcuni uccelli. Anna provvedeva ai bisogni di sua figlia poiché Maria non aveva sempre l’occorrente nella sua abitazione.

Mercoledì 28 febbraio

Verso sera, vidi Anna e sua figlia maggiore vicino alla Vergi­ne. Maria Heli aveva portato anche suo nipote, il primogenito di Maria di Cleofa; il fanciullo aveva quattro o cinque anni ed era assai robusto. Gesù era l’oggetto della loro tenerezza, se lo strinsero tutte al petto e poi lo passarono nelle braccia del fanciullo. Maria Heli abitava in un piccolo villaggio situato a circa tre ore di cammino da Nazareth, verso il sud. La sua dimora, come quella di Anna, era ben curata. Un cor­tile murato mostrava al centro un pozzo, l’acqua zampillava in un bacino di pietra manovrando un certo dispositivo al suolo. Suo marito si chiamava Cleofa; sua figlia, Maria (Cleofa), era maritata con un certo Alfeo ed abitava all’altra estremità del villaggio. 

Quando di sera le donne pregavano, alla parete veniva appog­giato un tavolo coperto di stoffa rossa e bianca sul quale si trova­va un rotolo. La Vergine lo svolgeva e lo appendeva alla parete sopra il tavolo: allora si mostrava una figura dai colori chiari, era assai strana, sembrava un cadavere fasciato come un bambino e avvolto in un lungo mantello bianco. 

ll mantello copriva anche la testa della figura, che teneva qual­cosa nella mano. Vidi quest’immagine già a casa di Anna, in occa­sione della cerimonia di commiato per l’ingresso al tempio di Maria Santissima. Allora questa figura, che pareva tenesse in mano un calice, mi richiamò alla mente Melchisedeck; un’altra volta mi parve raffigurasse Mosè. Mentre le donne pregavano alla luce di una lampada, io mi sentii vicino a loro. La Santa Vergine e la sorella stavano davanti ad Anna, avevano le mani raccolte sul petto e poi le allargavano. Maria Santissima leggeva lentamente, quasi sussurrando, da un’an­tica pergamena che svolgeva a poco, a poco. Il modo e il tono con cui intonavano le preci mi rammentava il coro soave del chiostro.

Capitolo VIII

LA FUGA IN EGITTO

103 – L’Angelo sveglia Giuseppe e lo invita a fuggire Commiato dalle sante donne e fuga verso l’Egitto. - Visioni dalla notte di giovedì 1 marzo alla mattina di venerdì 2 marzo

Nella casa della Santa Famiglia tutti dormivano, la notte era calata già da tempo. Maria Santissima dormiva nella stanza a de­stra del focolare, Anna nella stanza a sinistra e sua figlia maggio­re dormiva fra la stanza di Giuseppe e quella di Anna. Le pareti divisorie delle stanze consistevano in semplici tavo­le di vimini, superiormente ricoperte di tavole fatte di scorze in­trecciate. 

Il letto di Maria era diviso dal resto della stanza da una ten­da; ai suoi piedi, posto in una posizione rialzata sopra un tappeto di lana, giaceva il Santo Bambino. Vidi Giuseppe che dormiva con la testa appoggiata al braccio. Sognò un fanciullo splendente di luce radiosa avvicinarsi al suo giaciglio e parlargli. Giuseppe si svegliò, ma subito si riaddor­mentò, vinto dalla stanchezza e dal sopore. L’Angelo lo prese per mano e lo fece alzare. Giuseppe riacquistò i sensi e si alzò. 

Recato­si alla lampada che ardeva dinanzi al focolare vi accese la sua e si recò nella stanza di Maria, dopo aver parlato con Lei andò nella stalla dove si trovava l’asino, poi andò in una stanza dove erano custoditi una quantità di arnesi diversi e vi fece i preparativi per la partenza. 

Frattanto Maria si alzò, si vestì e andò da Anna, mettendola al corrente dell’invito Divino. Allora tutti si alzarono lasciando però dormire tranquillo il bambinello Gesù. Per quanto fossero addolorati nel dividersi, pen­sarono ad eseguire bene quel doloroso volere di Dio senza abban­donarsi alla tristezza dell’addio. Disposero quindi tutto quanto fosse necessario per il viaggio. 

Anna e Maria Heli si affaccendarono assai nel preparare tut­to l’occorrente. Maria Santissima non prese però con sé tanti og­getti come quanto era partita da Betlemme. Raccolti insieme alcu­ni tappeti, fecero un piccolo involto e lo portarono a Giuseppe per farlo caricare sull’asino. Tali preparativi furono eseguiti in pieno silenzio, tranquilla­mente e con la massima sollecitudine, come si addice appunto ad una partenza segreta di cui si è avvertiti nel silenzio della notte. 

Quando Maria andò a prendere il Santo Bambino, fu presa da tale fretta da non poterGli cambiare nemmeno i pannolini. Non saprei come descrivere la commovente tristezza dipinta sul volto di Anna e delle altre donne. Tutti, perfino il figlioletto di Maria Heli, piangendo, si premevano al cuore il pargoletto Gesù. Anna abbracciò strettamente la Santa Vergine e piangeva, come se avesse il presentimento che non l’avrebbe mai più rivista. 

Pri­ma di mezzanotte si erano congedati da tutti e avevano lasciato quella dimora. Anna e Maria Heli accompagnarono Maria per un lungo trat­to, fuori Nazareth. Giuseppe seguiva le donne guidando l’asino; la Vergine portava il Bambino ben coperto. 

Un ampio mantello avviluppava Maria col Bambino, un gran velo di forma quadrangolare le ricadeva sul viso avvolgendo la parte superiore del capo. Dopo aver fatto un pezzo di strada, le sante donne furono raggiunte da Giuseppe con l’asino carico di ceste e di otri d’ac­qua. 

Le ceste avevano numerosi scompartimenti riempiti di piccoli pani, uccellini vivi ed anfore. Sul dorso dell’asino era collocata un specie di sella, ed ai fian­chi erano stati disposti i vari bagagli. Attaccata alla sella vi era un’asse per appoggiarvi i piedi. 
Ad un certo punto vidi ripetersi gli abbracci. Anna benedisse infine sua Figlia, la quale, visibilmente commossa, salì sul somarello che partì, tirato per la cavezza da Giuseppe.

Quella notte la Veggente visse nella sua anima la scena del dolore di Anna e di Maria Heli. La vidi piangere amaramente. - Venerdì 2 marzo.

Mentre Anna, Maria Heli e gli altri erano intenti a riordinare la casa di Maria e di Giuseppe, vidi contemporaneamente la San­ta Famiglia attraversare molti paesi e poi fermarsi a riposare in una capanna posta a mezzogiorno. Verso sera sostarono nel paesino di Nazara, presso certa gen­te che viveva nella solitudine e che era comunemente disprezzata. Questi non erano veri Ebrei, poiché nella loro religione avevano usanze pagane. il loro tempio era posto nella regione della Sama­ria, sul monte Garizim. Essi accolsero amichevolmente la Santa Famiglia che soggiornò in quel luogo anche il giorno seguente. Al ritorno dall’Egitto, Giuseppe, Maria e il Bambino visitaro­no di nuovo quella brava gente; così farà pure Gesù, quando a dodici anni si recherà al tempio e sarà di passaggio sulla via del ritorno. Questa famiglia di Ebrei sarà poi battezzata da Giovanni e si convertirà al Cristianesimo.
(continua)