La disumanità dell'uomo non si materializza soltanto negli atti corrosivi dei malvagi. Si materializza anche nella corruttrice inattività dei buoni.

Martin Luther King

Se vedi la carità, vedi la Trinità.

( Sant'Agostino )

sabato 20 settembre 2014


LA VITA DELLA MADONNA
 Secondo le contemplazioni
della pia Suora STIGMATIZZATA
Anna Caterina Emmerick


Capitolo X

138 – Il Sudario di Santa Veronica

Il corteo entrò in una lunga strada che deviava un po' a sini­stra, dove si diramavano parecchie vie trasversali. Vidi molta gente ben vestita che si recava al tempio e parecchi allontanarsi alla vista di Gesù per il farisaico timore di contaminarsi, mentre altri mo­stravano un po’ di pietà. 

Avevano fatto quasi duecento passi, da quando Simeone era venuto ad aiutare il Signore a portare la Croce, che vidi una donna di alta statura e dall’aspetto imponente uscire da una bella casa e gettarsi sulla strada davanti al corteo; costei portava una giovinetta per la mano. Era Serafia, moglie di Sirach, membro del Consiglio del tem­pio; in seguito all’avvenimento di questo giorno fu chiamata Veronica da vera icon (vero ritratto). 

Serafia aveva preparato un ec­cellente vino aromatico col pio desiderio di farlo bere al Signore sulla via del Dolore. L’avevo vista correre ai lati del corteo, a fianco dei soldati, teneva per mano la figlia adottiva di circa nove anni. Siccome non le era stato possibile aprirsi un varco attraverso la folla e le guar­die per raggiungere il Redentore, la donna era ritornata vicino a casa sua per attendervi il passaggio del corteo. Appena lo vide avanzò velata, andando incontro a Gesù, portava un velo di lino sospeso alle sue spalle; la fanciulla si teneva stretta vicino a lei e portava un vaso chiuso pieno di vino aromatico. 

Esaltata dall’amore e dalla compassione, Serafia, con la fanciul­la che si teneva attaccata alla sua veste, riuscì ad aprirsi un pas­saggio attraverso i soldati e i carnefici, giungendo sino a Gesù. 

E, cadendogli davanti in ginocchio, gli spiegò il velo davanti al vol­to, dicendo agli altri: “Lasciatemi asciugare il volto del mio Signo­re”. Gesù prese il velo con la mano sinistra e lo applicò al suo volto insanguinato, poi, appoggiandolo alla mano destra che tene­va il capo della croce, strinse il lino tra le sue mani e lo rese rin­graziando. 

Dopo aver baciato il velo, Serafia se lo mise sotto il manto e si rialzò. La bambina levò allora timidamente il vaso di vino ver­so Gesù, ma i soldati e i carnefici non permisero che Egli si dis­setasse. 

Il popolo fu presto in tumulto di fronte all’ardire di questo improvviso omaggio. I farisei e i carnefici, irritati per questo pubblico omaggio reso al Salvatore, si misero a colpire e a maltrattare Gesù, mentre Ve­ronica rientrava in fretta nella sua casa. 

Appena rientrata nella sua camera, ella stese il velo sul tavo­lo e svenne; la bimba si inginocchiò vicino a lei singhiozzando. Un conoscente, che era andato a visitarla, la trovò in questo modo vici­no al panno insanguinato di Gesù, sul quale era rimasta impressa in modo meraviglioso l’immagine del suo sacro Volto. Veronica appese il Sudano al capezzale del suo letto. Dopo la sua morte, questo fu passato dalle pie donne alla Santa Vergine e poi alla Chiesa degli Apostoli. 

Serafia nacque a Gerusalemme ed era cugina di Giovanni Bat­tista. Aveva relazioni di parentela col vecchio Simeone e fu com­pagna dei suoi figli fin dalla sua giovinezza. 
La pia donna aveva pure assistito alle nozze 
della Santa Vergine con San Giuseppe. 

Quando Gesù insegnava al tempio, Serafia gli mandava il nutrimento in un piccolo albergo nei pressi di Gerusalemme. I proprietari erano anziani Esseni e conoscevano la Santa Fami­glia. L’albergatrice era parente di Giovanna Cusa e quest’alloggio era in effetti una fondazione per i poveri: Gesù e i discepoli vi dimoravano di sovente. Serafia si sposò tardi; suo marito, Sirach, discendeva dalla ca­sta Susanna ed era membro del Consiglio del tempio.

Poiché in principio egli era molto contrario a Gesù, la sua consorte ebbe molto a soffrire. Qualche volta il marito la chiudeva perfino in una cantina per non farla uscire. Solo tempo dopo Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo lo convin­sero ad altri pensieri, egli promise allora a Serafia di seguire Gesù. 

Durante il giudizio in casa di Caifa, Sirach ebbe perfino il coraggio di dichiararsi per Gesù, con Giuseppe e Nicodemo, e perciò si se­parò come loro dal Sinedrio. Serafia era una donna alta e ancora bella, doveva avere più di cinquant’anni al tempo in cui Gesù fu crocifisso. Durante l’entrata trionfale della Domenica delle Palme, la vidi togliersi il velo e stenderlo sulla strada sulla quale passa­va il Salvatore.

Fu questo stesso velo che ella porse a Gesù durante il triste cammino, che diede a costei il nome glorioso di Veronica e che riceve ancor oggi i pubblici omaggi della Chiesa di Cristo.

Aggiungiamo qui alcuni particolari su Santa Veronica, rivelati da Suor Emmerick il giorno che il “pellegrino” le fece toccare le reliquie di questa Santa.

Il 2 agosto ebbi una visione particolare: era il terzo anno dopo l’Ascensione di Cristo, vidi l’imperatore romano mandare qualcu­no a Gerusalemme per raccogliere informazioni intorno alla morte e alla risurrezione di Gesù. 

Quando l’informatore dell’imperatore fu di ritorno a Roma, condusse con lui Nicodemo, Serafia e il discepolo Epatras, parente di Giovanna Cusa. Vidi Veronica pres­so l’imperatore ammalato; il suo letto era elevato su due gradini, una gran tenda pendeva fino a terra. Nella camera quadrata, non molto grande non vi erano fine­stre, la luce proveniva dall’alto e per mezzo di lunghi cordoni si potevano aprire e chiudere le imposte. 

Nella stanza l’imperatore era solo, i suoi familiari si trovavano nell’anticamera. Vidi Veronica che aveva con sé oltre al Sudario, anche un lenzuolo di Gesù. La santa donna spiegò il velo davanti all’imperatore, una stri­scia di stoffa lunga e stretta che ella aveva prima portato sulla testa e intorno al collo. L’impronta del Volto di Gesù, impresso dal sangue, si trovava ad un’estremità, e quand’ella la presentò all’imperatore, prese con la mano destra l’altra estremità del Sudario. In questo modo l’imperatore vide l’impronta di tutto il Santo Volto del Salvatore. 

Sul lenzuolo invece vi era l’impronta del Santo Corpo flagel­lato di Gesù. Credo che fosse un lenzuolo di quelli inviati da Clau­dia, sui quali il Signore era stato adagiato per essere lavato prima di dargli sepoltura. 

Nonostante non avessi visto l’imperatore toccare quelle stoffe, guarì solo alla loro vista. Allora egli volle intrattenere Veronica a Roma e darle una casa con gli schiavi, ma compresi che lei do­mandò il permesso di ritornare a Gerusalemme per morire nello stesso luogo di Gesù. 

Vi ritornò infatti: era il tempo della perse­cuzione contro i Cristiani che ridusse alla miseria e all’esilio Laz­zaro e le sue sorelle. 

Veronica fuggì con altre donne, fu presa e chiusa 
in una prigione dove morì di fame con il nome di Gesù sulle labbra; il Redentore a cui ella aveva tanto spesso dato il nu­trimento terreno, l’aveva ricambiata nutrendola della sua Carne e del suo Sangue per la vita eterna. 

Dopo la morte di Veronica vidi il santo Sudario nelle mani delle pie donne, poi in quelle del discepolo Taddeo ad Edessa dove la santa reliquia operò molti miracoli. Lo vidi ancora a 
Costanti­nopoli, ed infine fu trasmesso dagli Apostoli alla Santa Chiesa. 

Ho creduto di vedere il santo Velo a Torino, città in cui si trova pure la Sindone del Salvatore. La storia di molte stoffe sacre si perde nella mia memoria e nelle mie visioni.


139 – Maria e le pie donne si recano al Calvario

Quando Maria dopo l’incontro con Gesù svenne, Giovanna Cusa, Susanna e Salomè di Gerusalemme, con l’aiuto di Giovanni e del nipote di Giuseppe d’Arimatea, l’avevano sollevata e porta­ta dietro il portone per salvarla dalla furia del popolo. 

La porta quindi si chiuse tra Lei ed il Figlio amatissimo. L’amore intenso per suo Figlio però, ed il desiderio di soffrire ogni cosa per Lui le diede la forza ardente di non abbandonarlo. Que­sta forza divenne soprannaturale, allora Lei si recò subito con le sue compagne nella casa di Lazzaro, dove si trovavano le altre pie donne che piangevano e gemevano con Marta e Maddalena; c’era­no con loro anche alcuni fanciulli. In diciassette, tutte velate, le pie donne partirono per seguire la via della Passione. 

Le vidi incamminarsi piene di gravità ma risolute ed indifferenti alle ingiurie 
della plebaglia.

 Imponendo il rispetto del loro dolore, esse attraversarono il foro. Le vidi bacia­re il suolo dove Gesù era stato caricato della Croce e poi seguiro­no il cammino da Lui percorso. La Santa Vergine, con l’aiuto della sua speciale intuizione, guidava le pie donne lungo la Via Dolorosa mentre sentiva 
im­primersi vivamente nel cuore tutte le stazioni consacrate da qual­che circostanza angosciosa della Passione di suo Figlio. Così, dalla profezia del vecchio Simeone si perpetua la tradi­zione della Chiesa, che ha origine nel cuore materno di Maria e delle sue compagne, e giunge fino ai nostri giorni. 

In ogni tempo gli Ebrei venerarono i luoghi consacrati da qualche azione santa o di cui ebbero cara la memoria, ponendovi delle pietre e recandovisi in processione a pregare. Allo stesso modo nacque il culto della Via Crucis, affermatosi tre volte per mezzo dei dolorosi pellegrinaggi delle pie donne, per servire i disegni di Dio sul suo popolo. 

Questo santo gruppo giunse alla casa di Veronica e vi entrò, frattanto anche Pilato e i suoi soldati rientravano, passando per quella strada. Quando Veronica mostrò alle sante donne il volto di Gesù impresso sulla stoffa, esse non poterono trattenere il pian­to. Presero poi il vaso di vino aromatizzato, che a Veronica non era stato concesso di porgerGli, e tutte insieme si diressero verso la porta del Golgota. 

Il gruppo si era intanto ingrossato perché molte persone di buona volontà si erano unite alle pie donne. Io fui commossa nel vederli uniti e sfilare in un corteo ben ordinato lungo le viuzze della città. Infine questo gruppo di persone di buona volontà divenne quasi più numeroso di quello che seguiva Gesù. 

È impossibile descrivere il dolore della Madonna quando raggiunse l’altura e fu alla vista del luogo del supplizio. Ella risentì interiormente tutte le sofferenze di Gesù, aggravate dalla consape­volezza di dovergli sopravvivere. Maddalena, angosciata fino alle profondità dell’anima, divenne come ebbra di dolore, camminava inciampando ad ogni momento e passava per così dire da un’emo­zione all’altra, dal silenzio ai gemiti, dallo stupore alla disperazio­ne, dai lamenti alle minacce, per cui le sue compagne erano obbligate a sostenerla continuamente e a proteggerla sottraendola agli sguardi indiscreti. 

Il grave corteo salì il Calvario dal lato di ponente, dove il pendio era più dolce, poi si suddivisero in tre gruppi, a ineguale distanza dalla piattaforma circolare dei condannati. La Madre di Gesù, sua nipote Maria, figlia di Cleofa, Salomè e Giovanni avan­zarono fino alla piattaforma; Marta, Maria Hèli, Veronica, Giovan­na Cusa, Susanna e Maria si tennero attorno a Maddalena che era fuori di sé; più lontano v’erano sette pie donne con le altre per­sone compassionevoli. 

I farisei a cavallo giravano intorno alla piat­taforma e i soldati romani montavano la guardia. Quale spettacolo fu per Maria quel luogo di supplizio, quella terribile Croce, quei martelli, quelle corde, quei chiodi spaventevoli, quegli orridi carnefici seminudi e quasi ubriachi che compivano il loro lavoro usando le imprecazioni più selvagge! 

L’assenza di Gesù prolungava il martirio della Madre Santis­sima, perché Ella sapeva che viveva ancora e desiderava vederlo, tremando al pensiero dei tormenti che ancora lo aspettavano. Dal mattino fino alle dieci, ora in cui la condanna venne formulata, grandinò ad intervalli, poi, mentre si conduceva Gesù al supplizio, vidi il cielo rischiararsi; ma verso mezzogiorno una nebbia rossastra e fitta copri completamente il sole. 

Vidi il popolo che guardava e insultava Gesù, mentre i sol­dati impassibili mantenevano l’ordine, e gli arcieri trascinavano vio­lentemente Gesù fino alla piattaforma. Appena le pie donne videro Gesù, mandarono, per mezzo di un uomo, del denaro agli arcieri affinché questi dessero il permesso al Salvatore di bere il vino aromatizzato di Veronica. 

Ma quei miserabili presero i soldi e bevvero loro il vino. Costoro avevano vicino due vasi dal color bruno, in uno c’era aceto e fiele e nell’altro una bevanda che sembrava composta da vino misto a mirra e assenzio: Gesù, pur avendovi posato le lab­bra, non ne bevve. 

Sulla piattaforma c’erano diciotto arcieri: i sei che avevano fla­gellato Gesù, i quattro che l’avevano condotto, i due che avevano tenuto le corde attaccate alla croce e sei che erano pronti a 
croci­figgerlo. Erano uomini piccoli e forti con volti strani e capelli irti da rassomigliare a bestie feroci, servivano i Romani e i Giudei per denaro. 

L’aspetto di tutto quanto descrivo era per me ancor più spaventoso perché vedevo orribili demoni che aiutavano quei cru­deli, ispirandoli a fare più male che potevano. I demoni li influen­zavano con i pensieri più abominevoli. 

Invece alle spalle del Sal­vatore c’erano grandi figure angeliche piene di dolore. Vidi anche Angeli compassionevoli e consolatori al disopra della Vergine e di tutti gli amici di Gesù. Gli arcieri tolsero a Nostro Signore il mantello e la cintura. Poi Gli tolsero la veste bianca facendola passare sopra la sua testa, e siccome non riuscivano a toglierGli, a causa della corona di spi­ne, la tunica inconsutile che gli aveva confezionato sua Madre, gliela strapparono violentemente dal capo. 

Questo strappo provo­cò la riapertura di tutte le ferite della testa. In questo modo Gli fecero passare la veste sopra il capo insanguinato e coperto di piaghe. Nel momento in cui gli arcieri Gli afferrarono le braccia, di cui si serviva per coprire la nudità, e fecero per coricarlo sulla croce, si sollevarono tra i suoi amici grida di dolore e mormorii d’indignazione. 

Vidi allora la Santissima Vergine pregare con 
ar­dore, mentre pensava di strapparsi il suo velo e precipitarsi a coprire il suo Figliolo. Ma Iddio l’aveva già esaudita, vidi infatti nel medesimo istante un uomo aprirsi la via attraverso il popolo e, gettandosi attraverso gli arcieri, porgere un lino a Gesù che subito se lo avvolse intor­no ai reni. Questo coraggioso sembrò fosse inviato da Dio in seguito alla preghiera della Santa Vergine. 

Egli mostrò nel suo impeto un fare imperioso, mostrò il pugno agli arcieri dicendo: “Guardatevi bene dall’impedire a questo pover’uomo di coprirsi!”. Poi senza indiriz­zare parola ad alcuno, si ritirò da dove era venuto. 

Quest’uomo era Jonadab, figlio di quel fratello di San Giusep­pe che dimorava nel territorio di Betlemme. Nonostante costui non fosse certo un partigiano dichiarato di Gesù, era però rimasto 
in­dignatissimo per il trattamento subito dal Cristo. 

Mentre Maria pregava intensamente per suo Figlio, vidi Jonadab correre sul Cal­vario seguendo l’istinto di coprire la nudità di Nostro Signore.
I carnefici erano della razza di Cam.
(continua)