La disumanità dell'uomo non si materializza soltanto negli atti corrosivi dei malvagi. Si materializza anche nella corruttrice inattività dei buoni.

Martin Luther King

Se vedi la carità, vedi la Trinità.

( Sant'Agostino )

giovedì 22 maggio 2014



 LA VITA DELLA MADONNA

 Secondo le contemplazioni
della pia Suora STIGMATIZZATA

Anna Caterina Emmerick


PARTE PRIMA

Capitolo I

VISIONI SUGLI ANTENATI DELLA MADONNA

I – In generale sui progenitori della Madonna e di Sant’Anna. 2 – I Progenitori di Sant’Anna: gli Esseni – Abiti sacerdotali presso gli Esseni -Le scuole del tempio – I fiorellini di San Luca – Notizie intorno agli Esseni. 3 – La nonna di Anna si consulta con il Proftta del monte Oreb – L’ap­prossimarsi della nascita della Santa Vergine Maria. 4 – Gioacchino, di­sprezzato nel tempio, ritorna al suo gregge. 5 – Anna accoglie l’annuncio della fecondità e si reca al tempio – L’Angelo del Signore scrive il nome “Maria”. 6 – Gioacchino consolato dall’Angelo si reca ancora una volta al tempio con nuove offerte sacrzficali. 7 – Gioacchino riceve la benedizione dell ‘Alleanza. 8 – Gioacchino ed Anna si incontrano sotto la “porta d’oro” - Nota esplicativa sulla Concezione della Santissima Vergine Maria. 9 -La rigenerazione dell’umanità mostrata da Dio agli Angeli. 10 – Un’im­magine simbolica di Maria Santissima in Egitto prima di Elia. il – Elia ha una visione della Santa Vergine e apprende i misteri relativi alla sua venuta. 12 – Chiarimenti intorno alla visione di Elia. 13 – L’immagine della Santa Vergine in Egitto. 14 – Maria Santissima annunciata az m~­stici pagani. 15 – Apparizione della Santa Madre Anna e della Madonna alla Veggente.



1 – In generale sui progenitori della Madonna e di Sant’Anna

Visioni rivelate al “pellegrino” la mattina del 27 giugno 1819.

Stanotte ho ricevuto di nuovo visioni sui progenitori dell’amata Vergine Maria. Si sono susseguite dinanzi alla mia vista interiore lentamente e per lungo tempo. Mentre le visioni si susseguivano, sentivo le mie pene diminuire e trovavo molto sollievo. Adesso posso raccontarle al “pellegrino”, che sarà felice di ascoltarle. 


La storia della Madonna ha avuto per me sempre un’attrazio­ne particolare, fin da bambina mi sono sentita intimamente fedele alla storia della Madre di Dio a tal punto da contestare chiunque mi raccontasse la medesima in modo diverso: – No! Non è così! – rispondevo, volendo attestare con tutta la forza quello che avevo visto. 

Tempo dopo, quando il mondo mi rese insicura, preferii tace­re per meglio custodire nel mio intimo quella verità che avevo ricevuto dalle mie visioni. Stanotte con tanta gioia le ho riviste fin nei minimi particolari. Nella mia infanzia rivolgevo spesso i pensieri al presepe con il bambino Gesù e la Madre di Dio.

Non riuscivo a comprendere perché non si raccontasse nulla e si scrivesse così poco dei paren­ti e degli antenati della Santa Vergine. Quando scrutavo nel mio essere interiore mi sentivo ferita per queste mancanze. Rinchiusi alla fine in me questa mia grande sete di conoscenza sulla vita della Beata e Santa Vergine Maria. 

Questa sete lentamente si trasformò in profonda nostalgia e al­l’improvviso presero a fluire dinanzi ai miei occhi interiori le numerose visioni degli antenati della Madonna, fin dalla quarta o quinta generazione. 

Li vidi come persone pure e innocenti che vi­vevano con una celata e straordinaria nostalgia per la promessa della venuta del Messia. I progenitori della Santa Vergine mi sembrarono differenti dalle altre persone dal portamento e dall’agire selvaggio. 

Nel notare questa profonda differenza nacque in me un gran­de timore per loro e riflettei, assorta nel silenzio della mia contem­plazione: come potevano, essi che erano così pieni di grazia e si­lenziosi, vivere tra queste persone così rozze e aggressive? 

Fui presa da ansia e preoccupazione e mi assalì l’impulso di cercarli per aiutarli, portandoli lontano dal pericolo, desideravo metterli al riparo in un bosco. 

Li vidi vivere con tanta abnegazio­ne e spesso anche da sposati si separavano per qualche tempo, come lo facevano da fidanzati. Quest’usanza mi colmò di letizia pur senza capirne il motivo. Usavano pure separarsi in occasione delle celebrazioni reli­giose, delle funzioni con incensamento e preghiere. 

In queste ceri­monie riconobbi alcuni di loro mentre espletavano le funzioni di sacerdoti. Gli antenati di Maria, per non essere turbati nella loro quiete dalla gente cattiva e rozza, erano costretti spesso ad emigrare da un luogo all’altro, lasciando grandi beni e possedimenti per adat­tarsi ad altri minori. 

Per costoro il bene supremo erano la pace e la quiete, poiché erano animati da una devozione mistica che ar­deva nei loro cuori, tanto che quest’impulso li spingeva a correre spesso nei campi solitari supplicando Dio. Li vidi di giorno strapparsi perfino gli abiti dal petto ai raggi cocenti del sole, come per invitare Dio a divampare nel loro cuo­re; oppure, di notte, alla luce lunare o al chiarore delle stelle, come a voler saziare la sete di realizzazione della profezia antica. 

Queste visioni mi si manifestavano mentre solitaria mi trova­vo al pascolo per custodire il gregge, o di notte, sui pascoli più alti, quando mi inginocchiavo per le orazioni; oppure nel tempo dell’Avvento, a mezzanotte, mentre mi recavo sulla neve ad assi­stere alla funzione religiosa nella chiesa di San Giacomo a Coes­feld, distante quasi un ora di cammino dalla nostra comunità con­tadina. 

Qualche altra volta volli imitare i progenitori di Maria e corre­vo chiamando il Messia, così giunsi sempre in tempo a Coesfeld per assistere alla Messa mattutina dell’Avvento, sebbene le care anime del Purgatorio mi avessero guidato per lungo tempo attra­verso tutte le stazioni della Via Crucis. 

Le figure dei progenitori della Santa Vergine, affamate di Dio, mi apparvero, per il comportamento e il modo di vestire, estranee, lontane e antiche, ma d’altra parte anche così chiaramente vicine al mio cuore da averne spesso l’immagine impressa dinanzi agli occhi.

In seguito a queste visioni pensavo: “Tutto ciò che vedo di quel tempo antico è già successo, eppure essi sono qui, ne avver­to la presenza. Io sono con loro!”. Queste brave persone erano molto precise ed esatte in tutte le loro azioni, in tutti i discorsi e specialmente nella funzione religiosa e mai si lamentavano per le sofferenze.

Notizie personali della Veggente

Di sera, e anche nella notte, prego diligentemente per le povere ani­me che, forse, non avevano risvegliato abbastanza, nella vita terrena, il desiderio per la salvezza dell’anima loro, e si erano abbandonate invece ai desideri per le creature ed i beni del mondo. 

Tali anime, cadute du­rante questa vita nelle varie mancanze, adesso languiscono nello struggi-mento per la redenzione. Per questo dedico loro la mia preghiera e la mia supplica a Dio Redentore, mi offro volentieri a Lui per espiare io stessa queste colpe. 

Con tale misericordia ne traggo anche un piccolo vantaggio perso­nale: godo il conforto della loro gratitudine e inoltre vengo svegliata in tempo per le preghiere salvifiche in loro favore e non passo il tempo dormendo. 

Un giorno, in particolare, queste anime mi si manifestarono libran­dosi a differenti altezze nell’aria; esse, come piccole, silenziose e deboli luci, si avvicinarono al mio letto, svegliandomi in tempo. 

Grazie al loro aiuto potei così anche quel giorno implorare Dio con le orazioni del mattino, poi spruzzai su di me e su di loro dell’acqua benedetta, mi vestii e mi recai sulla strada. Vidi le piccole e povere lucignole accompagnarmi sul cammino ordinate come in processione. 
Commossa dalla loro tristezza e toccata dalla forte nostalgia per il Divino, presi a cantare con il cuore supplicante: “Cielo! Sciogli il Giusto, nuvole fatelo piovere!”



2 – I Progenitori di Sant’Anna: gli Esseni Abiti sacerdotali presso gli Esseni – Le scuole del tempio - I fiorellini di San Luca – Notizie attorno agli Esseni

Visioni rivelate nel periodo giugno-agosto del 1821.

In questo periodo ho visto molto sui progenitori della madre della Santa Vergine, Anna. Ieri mi è sembrato di essere quasi tut­to il giorno tra questa gente ma, siccome ho ricevuto alcune visi­te, ho dimenticato tanto. 

Voglio raccontare però ciò che mi ricordo: ho visto Anna che viveva a Mara, nella zona del monte Oreb.

Aveva relazioni spi­rituali ed era affiliata con un genere di Israeliti molto pii e devoti a Dio. Quei religiosi si chiamavano Esseni. Costoro però ebbero nei tempi più antichi altri due nomi: il primo nome, Escareni, prende origine da Eskara o Askarah, come viene chiamato l’incenso odoroso e l’offerta del grano macinato rivolta a Dio. 

Il secondo da Chassidim, che significa “misericordioso” (com­passionevole) e devoto. Da dove altro provenga la parola “Esseni” non lo so più. Questi religiosi hanno la loro origine nel tempo di Mosè e Aronne, e cioè di quei sacerdoti che portarono l’Arca dell’antica Alleanza. 

Essi mantennero nel periodo di tempo tra Isaia e Gere­mia le loro precise regole religiose di vita quotidiana. All’inizio gli Esseni non erano molti, poi aumentarono e an­darono ad abitare, organizzati in comunità, nella terra promessa, in una regione che era in lunghezza pari a 48 ore di cammino e 36 in larghezza. Più tardi giunsero fino alla zona del Giordano. 

La maggior parte di essi abitò il monte Oreb e il Carmelo, dove dimorò Elia. 

Io vidi che gli Esseni erano divisi in tre comunità con ordi­namenti e costituzioni differenti. 

Quella che viveva sul monte Oreb ebbe una guida spirituale assai valida nel vecchio profeta dal nome Archas o Arkas. 
La loro costituzione era molto simile alla regola di un ordine spirituale dei nostri giorni: i candidati ammessi do­vevano superare un noviziato di un anno e solo quando essi ave­vano provato di avere sufficiente temperanza venivano accettati, per un periodo lungo o breve, secondo i risultati dei supremi vati­cimi profetici. Li vidi praticare il più stretto celibato. 

In un’altra comunità di Esseni, alla quale poi appartennero anche i nonni di Sant’Anna, era permesso invece il matrimonio. 

Costoro, pur vivendo al di fuori dell’ordine religioso del monte Oreb, avevano stabilito nel proprio ambiente lo stesso comporta­mento e le medesime abitudini educative dei primi. 

Tra i due tipi di comunità intercorreva un rapporto, così come lo è oggi tra i cosiddetti Terziari (Terzo Ordine) e il clero regola­re. 

Infatti questa comunità di coniugati si consultava spesso, per le conduzioni spirituali e coniugali, con il profeta della cosiddetta Montagna di Dio.

Il terzo genere di Esseni che vidi erano anch’essi coniugati, costoro commisero molti errori perché portarono all’esasperazione tutti gli insegnamenti e perciò non erano tollerati dagli altri. 

Essi finirono per costituire una propria comunità. In partico­lare, gli Esseni dell’ordine religioso erano molto abili e inclini in cose profetiche, ed il profeta della Montagna era spesso nella ca­verna di Elia, partecipe alle manifestazioni divine relative alla ve­nuta del Messia. 

Egli aveva ricevuto dai suoi oracoli profonde conoscenze del­la Famiglia dalla quale sarebbe dovuta provenire la madre del Messia.

Quando Archas predisse gli avvenimenti relativi ai proge­nitori di Sant’Anna, in relazione alle loro nozze, vide anche che la venuta del Messia si approssimava proprio con queste unioni. Egli però non sapeva dire, a causa dei peccati, quanto tempo anco­ra sarebbe occorso e quali impedimenti ci sarebbero stati per la na­scita della Madre del Salvatore. 

Questo sarebbe dipeso dalla volontà espiatoria dei progenitori e di tutti gli Esseni. Il profeta, in seguito al suo vaticinio, esortò perciò ancor più tutta la comunità alla preghiera e ai sacrifici espia­tori di purificazione per favorire la venuta del Messia. 

Vidi questi pii Israeliti essere fin dai tempi più antichi molto diligenti nella vita devozionale e nelle mortificazioni. Essi vivevano isolati e dispersi prima che Isaia li riunisse e desse loro un regolare statuto. 

Li vidi sempre con le stesse vesti che non cambiavano e non rammendavano mai finché, lacere e consumate, cadevano dal corpo. 

Gli Esseni combatterono con eccellente abilità il malcostume e, nella comunità degli sposati, le coppie vivevano tra loro come nella vita consacrata: spesso con lunghe astensioni, in capanne molto di­stanti tra i coniugi, partecipando alla vita coniugale, e in partico­lare al rapporto intimo, solo con l’intenzione di creare una discen­denza sacra che avrebbe favorito l’arrivo del Salvatore. 

Vidi gli uomini prendere i pasti separati dalle loro mogli; solo quando l’uomo lasciava il tavolo, allora la donna prendeva il suo posto. 

Tra questa comunità di devoti coniugati c’erano i predecessori di Sant’Anna e altra santa gente. Geremia era in contatto religioso e spirituale con alcuni di questi ed in particolare con quelli che erano chiamati “i profeti minori”. 

Tali profeti vivevano nel deserto, intorno alla Montagna di Dio e sul Carmelo. In altre visioni ne vidi anche molti in Egitto, ma questo dev’essere accaduto successivamente all’epoca in cui vis­sero i progenitori di Anna. 

Ho visto anche molti Esseni scacciati dal monte Oreb per un periodo di tempo e poi riunirsi sotto nuove guide. 

Mi apparvero tra costoro i Maccabei. 

Gli Esseni ebbero una grande venerazione per Mosè, al pun­to tale da usare quale oggetto di culto devozionale un sacro lem­bo di stoffa tolto da una sua veste. 

Questo lembo era stato dato da Mosè ad Aronne ed era divenuto per loro una reliquia santa. In un’altra visione mi apparvero quindici Esseni che subivano il martirio in difesa di questo sacrario. 

Vidi anche com’era profonda la conoscenza dei santi misteri dell’Arca dell’Alleanza presso i loro profeti superiori. 

Quelli non sposati, del monte Oreb, riuscivano a conservarsi illibati ed ema­navano un’aurea di indescrivibile purezza e religiosità.

Avevano il compito di educare i fanciulli ad una profonda santità interiore. 

L’Ordinamento di questi Esseni era molto severo: non si po­teva sperare di essere accolti nell’Ordine prima dei 14 anni; colo­ro che erano già stati esaminati preliminarmente con esito favore­vole erano ammessi come neofiti a un anno di prova, poi dove­vano superare due anni di noviziato per divenirne membri.

I membri dell’Ordine non potevano commerciare per i loro bi­sogni, ma solo scambiare i prodotti del loro campo per lo stretto fabbisogno. Se qualcuno degli Esseni cadeva in un peccato grave veniva emessa una sentenza di esilio dal superiore. 

La guida spirituale riconosceva i simboli della colpa dagli Oracoli e poteva ben identificare il peccatore e scomunicarlo. 

Tale scomunica aveva un potere come quella che ebbe Pietro su Anania. 

Per tutti i peccati minori gli Esseni ricevevano solo penitenze, come per esempio dovevano restare in piedi vestiti di una tunica rigida, le cui maniche immobili e allargate in forma crocifissa erano piene di spilli. 

Abitavano in celle naturali, cioè in piccole grotte sul monte Oreb. 

In una grotta più grande era stata costruita con intrecci di canne una sala in cui i religiosi si riunivano ogni giorno alla stes­sa ora, le undici, per mangiare. 

Vidi che ognuno aveva dinanzi a sé un piccolo pezzo di pane e un bicchiere. Dopo che il superiore aveva benedetto il pane, si mangiava. Poi tutti ritornavano nelle loro singole celle. 
In questa sala per il pasto comune si trovava pure un altare e sopra, coperti, c’erano pani benedetti, questi erano considerati come qualcosa di sacro. 

Io penso che poi venissero distribuiti ai poveri. 

Gli Esseni allevavano e addomesticavano molte colombe, che si cibavano sulle loro mani e con le quali avevano un’usanza 
mi­steriosa: dicevano qualcosa e subito le colombe si levavano in volo. 

Vidi anche che essi adoperavano la stessa funzione con i capretti che lasciavano andare nel deserto, dopo aver detto loro qualcosa.

Ebbi la percezione che gli animali assumessero in se stessi i pec­cati di questa gente. 

Vidi gli Esseni recarsi al tempio, a Gerusalemme, tre volte all’anno.

I sacerdoti sul monte Oreb pulivano e confezionavano i para­menti sacri. Li vidi prodigarsi nella cura degli allevamenti; del­l’agricoltura e specialmente dell’orticoltura. 

Questa montagna era piena di giardini e alberi da frutta che stavano tra le capanne degli Esseni. 

La comunità non produceva la seta, occorrente per esem­pio per i paramenti sacerdotali, ma veniva scambiata con altri prodotti e smerciata a matasse. 

A Gerusalemme gli Esseni dell’Ordine avevano una loro zona particolare riservata per abitare e commerciare, così nel tempio avevano anche un proprio spazio separato dagli altri. 

A causa dei loro costumi severi, si attiravano l’avversione dei Giudei. 

Li vidi inviare molti doni per i sacrifici del tempio, per esem­pio giganteschi grappoli d’uva appesi a lunghe aste e portate da due uomini, come anche l’offerta di molti agnelli, non per farli uccidere, bensì per lasciarli correre liberi nei giardini del tempio. 

Non ho mai visto che gli Esseni compissero sacrifici cruenti per il tempio. 

Si recavano in questo luogo di preghiera con portamento molto serio, in spirito contemplativo, orazione, digiuno e penitenza; perfino preparati precedentemente da autoflagellazioni. Ma se qualcuno di questi non aveva espiato abbastanza per le sue colpe e commetteva l’errore di recarsi ancora carico di peccati al tempio e inoltrarsi fino al Santissimo, moriva improvvisamente. 

Quando sul cammmo verso Gerusalemme gli Esseni incontra­vano qualche ammalato, oppure persone bisognose d’aiuto, 
inter­rompevano il viaggio per soccorrere costoro con tutte le cure del caso. 

Li vidi prodigarsi con guarigioni prodigiose. Questa gente raccoglieva soprattutto erbe medicinali e preparava bevande e 
lo­zioni per gli infermi. 

In un’altra visione ebbi chiaramente alcune immagini su delle persone dai lineamenti spirituali che adagiava­no gli ammalati su una lettiera di erbe medicinali e li curavano con infusi di erbe e misture di fiori, oppure con l’imposizione delle mani sul capo e sulle differenti parti del corpo. 
Li ho veduti an­che guarire in lontananza, in un modo meraviglioso. Solo tempo dopo appresi che costoro erano gli Esseni del monte Oreb.


I fiorellini di San Luca

Questa visione di Anna Caterina Emmerick è legata ad un episodio particolare che sarebbe opportuno spiegare dettagliatamente: la figlioletta del fratello della pia Emmerich era stata mandata da lei nell’inverno del 1820 da Coesfeld. 

La fanciulla si ammalò di convulsioni, dal tono forte e ripugnante, che si manifestavano in certe determinate ore della sera e spesso duravano fino a mezzanotte. 

Le pene della nipote, che dormiva pro­prio vicino a lei, portarono Suor Emmerick a comprenderne il motivo, come spesso fu capace di capire la provenienza delle malattie degli altri. 

Anna Caterina invocò il Signore, prostrata in ginocchio, affinché le fosse donata la grazia di essere messa a conoscenza di un rimedio adat­to a guarirla; allora improvvisamente vide un fiore, a lei già noto per averne visti raccogliere da San Luca contro l’epilessia. 

In seguito alla precisissima descrizione di questo fiore fatta da Suor Emmerick, il dottor Wesener, suo medico curante, lo trovò nelle vicinanze di Dtilmen. 

La Veggente riconobbe subito i fiorellini con la pianta, 
co­munemente chiamata “astranzina”, appartenente alle specie di Cerastium arvense Linnaei oppure Holosteum caruophylleum veterum (specie di erbe con piccoli fiorellini bianchi). 

Rilevai poi che anche il libro antico sulle erbe medicinali “Tabermontantani” cita l’uso di questa pianta contro l’epilessia. 

Nel po­meriggio del 22 maggio 1821, in uno stato di sopore estatico, Suor Emmerick disse: “Mi è stato comunicato interiormente che dovrei far bere alla ragazza una pozione di Ruta graveoleus (che lei aveva già precedentemente adoperato) e tre fiori di questa pianta, il tutto spruz­zato con acqua benedetta e ben spremuto; la ragazza deve bere il succo dalle mie mani. 

Questa comunicazione l’ho ricevuta per tre volte, non posso più attendere”. Lo scrittore Clemente Brentano, desiderando che Caterina gli comu­nicasse qualcosa di più preciso su questo rimedio curativo, avvolse in una carta alcune erbette dei fiori medicinali come una reliquia e di sera ap­plicò il mazzettino con uno spillo al suo farsetto. 

Lei si svegliò e subito disse: “Questa non è una reliquia ma 
un’ astranzina”. Con tutto ciò Suor Emmerich volle mantenere per tutta la notte l’astranzina appuntata al suo farsetto; la mattina del 23 maggio 1821, la Veggente così raccontò al “pellegrino “: “Ero stesa su un campo pieno di astranzine e vidi anche ogni specie di utilizzazione di quest’erba medicinale, poi udii una voce che mi disse: – Se gli uomini venissero a conoscenza degli effetti curativi di questa pianta non sarebbe più tanto facile entrarne in possesso. -

Vidi pure diverse utilizzazioni di questi fiori già in un’epoca antichissima. Infine mi apparve un grandissimo campo dove Gesù sfamava cinquemila persone là accampate. 

Un po’ più appartati, non lontani dalla massa di popolo, sotto una grande tettoia di fo­glie, vidi molti infermi distesi su giacigli fatti di fiorellini, i quali erano rivolti verso l’interno dei giacigli stessi, mentre gli steli e le foglie al contrario erano rivolte all’infuori. 

Vidi i poveri ammalati soffrire con convulsioni e tremori, quasi tutti avevano sotto il capo questi fiorellini. Ai piedi gonfi di alcuni di loro, venivano applicati pure im­pacchi dei medesimi. Vidi perfino alcuni ammalati mangiarne e berne un infuso. I guaritori, o uomini di medicina, portavano una lunga veste di seta con la cintola. 

Prima di adoperare le erbe con i fiori vidi che queste venivano benedette dai sacerdoti. I fiori e la pianta che essi adoperavano, pur essendo della stes­sa specie che avevo usato, erano più delicati, con le foglie rotonde, più robuste e più succose. Questa pianta è molto rara e cresce su un suolo molto più fertile. Credo che venga detta comunemente “la consolazione degli occhi”. 

La vidi presso Dernekamp e ne constatai le proprietà più forti dei fiorellini”. Anna Caterina diede, come abbiamo già detto, alla fanciulla malata tre di questi fiorellini, la seconda volta cinque. Poi la Veggente disse della fanciulla: “Vedo la natura interiore di questa ragazza come un abito lacerato che esige una pezzuola per ogni buco”.

Questi devoti praticavano il culto delle sacre reliquie dell’anti­chità che conservavano in stoffe pregiate di seta e di cotone. 

Erano le ossa dei profeti e dei figli d’Israele che erano periti in quelle zone. I sacri resti erano custoditi nelle nicchie con infer­riate, costruite appositamente nelle caverne dagli Esseni del mon­te Oreb. 

La venerazione delle reliquie era assai profonda, i vasi con le erbe sempre verdi ne erano la testimonianza devozionale. 

Gli Esseni non ammogliati osservavano l’assoluta castità, le loro vesti erano lunghe e, anche se lacere, apparivano di un can­dore straordinario. Sembravano quasi creature angeliche pellegrine sulla terra. Sul monte Oreb appariva di tanto in tanto il supremo sacerdote per la celebrazione solenne, quando il suo paramento sa­cerdotale scintillava al sole, egli sembrava come avvolto in una veste di luce, in una nube di fuoco sacro. Ma appena egli si spo­stava, ed i raggi del sole non investivano più direttamente la lun­ga veste, allora essa si rivelava non più così lucente e magnifica svelando la povertà di quella gente. 

Quella veste sembrava senza taglio e fatta ad imitazione di quella del supremo pontefice di Gerusalemme. Era composta da Otto pezzi. Sul petto e sul dorso del sacerdote si mostrava uno sca­polare: un’importante reliquia la cui tradizione si riportava a Mosè e ad Aronne che l’avevano portata sul petto nudo, poi trasmessa agli Esseni. 

Quando il capo spirituale del monte Oreb profetava, indossava sul torace nudo questo scapolare; la parte inferiore del corpo era cinta solo da una fascia. Lo scapolare era composto da un doppio triangolo intagliato superiormente con un foro all’altezza del collo. 

Aveva la forma di una chitarra senza manico, la stoffa era assai ruvida e sembrava fosse composta da capelli umani. Sul petto e sul dorso era trapunta una figura triangolare, vedevo anche delle lettere trapuntate con piccoli chiodi che terminavano in acuti uncini e tormentavano il petto del sacerdote. 

Precisamente non so cosa contenessero questi triangoli. 

Il supremo sacerdote degli Esseni, nelle grandi cerimonie e ricorrenze, indossava sullo scapolare una lunga camicia grigia di lana e al disopra la lunga veste bianca, che era allacciata da una cintura assai alta ed adornata di lettere. 

Intorno al collo portava una specie di stola. Mentre la parte anteriore era un po’ più corta, la parte poste­riore della lunga veste scendeva fino a terra con due campanelle alle estremità del lembo, le quali richiamavano il popolo a raccol­ta per il servizio divino mentre il sacerdote camminava. La barba del sacerdote scendeva sul bavero del collo della sacra veste, il quale era rigido e alto, appuntato da uncinetti. L’acconciatura del capo era come un turbante imbottito al cui centro si mostrava una piccola lamina d’oro guarnita di pietre pre­ziose. Una piuma di seta era appuntata sul turbante.

(continua)