La disumanità dell'uomo non si materializza soltanto negli atti corrosivi dei malvagi. Si materializza anche nella corruttrice inattività dei buoni.

Martin Luther King

Se vedi la carità, vedi la Trinità.

( Sant'Agostino )

lunedì 11 agosto 2014

LA VITA DELLA MADONNA
 Secondo le contemplazioni
della pia Suora STIGMATIZZATA
Anna Caterina Emmerick


Capitolo VII


104 – Il terebinto di Abramo e la pianura di Moreh 

– Domenica 4 marzo

Dopo aver trascorso il sabato a Nazara, la Santa Famiglia ri­prese subito il viaggio. La domenica sera e la notte del lunedì si accampò sotto il vecchio albero di terebinto. 


Il terebinto di Abramo, dai santi Fuggiaschi ben conosciuto, si trovava presso la pianura di Moreh, era non lontano da Sichem, Thenat, Siloh ed Arumah. In questa zona la strage e la persecu­zione erodiana contro i fanciulli era già iniziata, perciò tutti gli abi­tanti erano in forte agitazione. 

Fu presso quest’albero che Giacob­be sotterrò gli idoli di Labano. Giosuè radunò il popolo sotto questo terebinto, vicino al qua­le aveva fatto collocare l’Arca dell’Alleanza nel tabernacolo, e fece giurare solennemente a tutti la rinuncia al culto degli idoli.Abimelech, figlio di Gedeone, fu salutato in questo luogo come re dei Sichemiti. 

Questa mattina ho veduto la Santa Famiglia che riposava tran­quillamente presso un cespuglio di balsami in posizione amena. Il pargoletto Gesù era in grembo alla Santa Vergine a piedi nudi. Il cespuglio di balsami produceva dei frutti rossi e stillava dal tronco gocce di un liquido denso. Giuseppe ne riempì un’anfora. Poi presero un pasto frugale con pani e piccola frutta selvatica che avevano raccolto dai vicini cespugli. L’asino aveva pure trovato di che dissetarsi e pascolare. In lontananza alla loro sinistra, si vedevano il colle e la città di Gerusalemme. Tutta questa scena infondeva una quiete profonda.




105 – Elisabetta fugge con il piccolo Giovanni nel deserto. I tre fuggiaschi sostano
 in una grotta e in altri luoghi.

Dopo che la Santa Famiglia ebbe valicato alcune alture, che sono propagini del monte degli Ulivi, li vidi prendere alloggio in una vasta e selvaggia spelonca su un monte presso Hebron, un po' dopo Betlemme. Credo che questa fosse la sesta stazione del loro viaggio. Quando i santi Viandanti arrivarono in questo luogo erano assai stanchi ed afflitti. Maria Santissima era addolorata e piange­va, perché soffrivano per la mancanza di molte cose. 

Erano costretti a fuggire per le strade solitarie e ad evitare tutte le città ed i pub­blici alberghi. In questa caverna si fermarono per un giorno inte­ro. Ma l’Onnipotente li soccorse e li ristorò: in seguito alle pre­ghiere della Santa Vergine scaturi prodigiosamente una fonte e comparve una capra selvatica che si lasciò mungere. 

Più tardi ap­parve loro un Angelo che li consolò. 
Fu in questa spelonca che un profeta, credo Samuele, si fer­mava spesso a pregare. Fu proprio in questi luoghi che Davide pascolava le pecore del padre; quivi pregava e ricevette per mez­zo di un Angelo i comandi del Cielo, come per esempio fu av­vertito di prepararsi al combattimento contro Golia.
Martedì 6 marzo

Elisabetta e Zaccaria furono avvertiti da un messo fidato del­la Santa Famiglia sulla prossima strage degli Innocenti; allora Eli­sabetta si recò subito nel deserto per nascondere il piccolo Giovan­ni. Questo luogo era lontano due ore da Hebron. Vidi Zaccaria accompagnarli per un tratto di strada. Giunti ad un ponte di tra­vi che attraversava un fiumiciattolo si divisero; Zaccaria si avviò verso Nazareth, seguendo la via che aveva fatto Maria al tempo della Visitazione. Lo vidi in cammino; forse il sant’uomo andò a Nazareth per chiedere ad Anna più particolari sulla terribile mi­naccia. 
Il piccolo Giovanni aveva quasi due anni, vestiva una pel­le di animale e saltellava allegro come fanno tutti i fanciulli.

Anna Caterina non intende il deserto vero e proprio, cioè non vede una pianura interminabile di sabbia, ma piuttosto un luogo solitario e arido con rupi, caverne e spelonche d’ogni specie, con cespugli carichi di coccole e di altra frutta selvatica.

Elisabetta condusse il piccolo Giovanni in una spelonca, den­tro la quale, dopo la morte di Gesù, dimorò per qualche tempo anche Maddalena. Vidi frattanto la Santa Famiglia costeggiare la sinistra del Mar Morto, per sette ore si diressero verso il sud e, due ore dopo Hebron, entrarono nella zona desertica in cui si era rifugiata Eli­sabetta col piccolo Giovanni. La via che essi percorrevano passava molto vicino alla grotta di Giovanni. Vidi la Santa Famiglia che, stanca ed affaticata, per-correva tristemente il deserto; gli otri d’acqua e le anfore di bal­samo si erano svuotati. La Vergine era molto afflitta perché erano tormentati dalla sete. Allora si recarono in un luogo in cui il ter­reno produceva cespugli ed alcune erbe magre; Maria scese dal­l’asino per sedersi sul terreno col suo caro Bambinello. 

A poca distanza vidi con commozione il piccolo Giovanni correre libero e senza timore in quel luogo deserto; aveva addos­so una pelle di agnello mantenuta sulle spalle da una cintola e im­pugnava un bastoncino dal quale pendeva un fiocco di scorza d’albero. Sembrava inquieto e ansioso perché percepiva la vicinanza dell’assetato Redentore. 

Agitato come quel giorno nel grembo materno al cospetto della Madre del Signore, egli sentiva dentro il suo cuore che Gesù soffriva la sete. 
Così inginocchiatosi, con le braccia protese, implorò ardentemente Dio affinché gli fosse dato di conoscere il mezzo per estinguergliela. Dopo aver pregato in questo modo per un certo tempo, si senti ispirato da qualcosa di superiore e corse ad un dirupo della roccia dove affondò il suo bastoncino. 

Immediatamente ne scaturì un abbondante zampillo d’acqua fresca. Rapidamente il fanciullo raggiunse un alto promontorio da cui scorse la Santa Famiglia che passava in lontananza. Appena lo vide, la Vergine sollevò in alto il Santo Bambino e, mostrandoGli Giovanni, disse: “Ecco Giovanni nel deserto!”. Questi saltellò pieno di giubilo presso la fonte e, agitando il fioc­co del bastoncino, corse di nuovo a nascondersi nella sua soli­tudine. Vidi poi il ruscello, scaturito dalla fonte aperta da Giovanni, gorgogliare ai piedi dei viaggiatori che si ristoravano. 
La Santa Vergine si era assisa sull’erba ed erano pieni di gioia. Giuseppe scavò a poca distanza una fossa che presto fu riempita d’acqua, quando questa divenne limpida ne bevvero; poi Maria lavò il Bam­bino nell’acqua cristallina. Ciò fatto, si bagnarono le mani, i piedi ed il volto. Infine Giuseppe condusse l’asino alla fonte, lo fece 
dis­setare e poi riempì gli otri. L’erba inaridita si rialzò vigorosa ed uno splendido raggio di sole illuminò quelle persone riconoscenti a Dio per tanto favore. In questo luogo di grazia si trattennero per due o tre ore. Più tardi i santi Fuggiaschi fecero l’ultima tappa nel regno di Erode, vicino ad una città di confine che si chiamava Anam, o Anim. Li vidi entrare in una casa isolata che serviva da rifugio per coloro che viaggiavano nel deserto. 

Sopra un’altura si vedevano disseminate capanne e tuguri, nelle vicinanze crescevano cespugli e frutta selvatica. Credo che gli abitanti fossero cammellieri poiché vidi molti cammelli che giravano liberi tra le siepi. Sebbene fosse gente rozza, e addirittura sembra che si fosse occupata di ladrone­ria, accolse cortesemente la Santa Famiglia. Anche nella città vici­na di Anam abitavano molti uomini disorientati. Fra gli altri distinsi un giovane di circa vent’anni che si chia­mava Ruben”.


106 – Le serpi e le lucertole volanti 
– Giovedì 8 marzo

Sotto il firmamento stellato della notte vidi la Santa Famiglia attraversare il mare di sabbia nel quale l’unica vegetazione era costituita da bassi cespugli. Mi sembrò di viaggiare con loro per quelle solitudini. Questa zona desertica era pericolosa a motivo delle numerose serpi che si nascondevano raggomitolate dentro piccole buche fra il denso fogliame. Emettendo acuti sibili esse si avvicinavano ai santi Fuggiaschi che, protetti dalla splendente aureola, continuavano incolumi il loro cammino. Vidi un’altra specie mostruosa di ani­mali pericolosi il cui corpo lungo color bruno, sorretto da corte zampe, aveva ali simili a quelle dei pipistrelli. Questi animali volavano rapidissimi a fior di terra ed avevano il capo che assomi­gliava alquanto a quello di un pesce (come lucertole volanti). I santi Fuggiaschi decisero di fermarsi in una profonda cavità del terreno, all’inizio di una strada scoscesa.

“Ero molto agitata per i pericoli che incombevano sulla Santa Fa­miglia. Il luogo dove si era soffermata era orribile, volevo fare qualcosa per proteggerli, come intrecciare con i giunchi un recinto che ne difen­desse la parte più esposta ai pericoli; ma un orso terribile mi procurò grande angoscia. Allora apparve il vecchio sacerdote, morto da qualche tempo, il quale afferrò l’animale per la testa e lo gettò lontano. Gli chiesi come mai si trovasse in questo luogo, perché certamente doveva trovarsi meglio in quello da cui proveniva, al che egli rispose: “Io volevo soltanto esserti di aiuto, né intendo fermarmi qui più a lungo”. Mi disse altre cose e mi preannunciò che si sarebbe fatto vedere anco­ra.

La Santa Famiglia avanzò verso sud, sulla strada comunemente battuta. Il nome dell’ultimo paese erodiano, fra il deserto e la Giudea, era Mara. Gli abitanti di questo luogo erano rudi e sel­vaggi, la Santa Famiglia non potè ottenere da loro alcun ristoro o aiuto. Di là passarono nel deserto vero e proprio. Non vi era strada, e non conoscendo il cammino si trovarono in grande imbarazzo. Dopo che ebbero percorso un breve tratto si trovarono dinanzi ad una montagna erta ed oscura. Addolorati e smarriti s’inginocchiarono e pregarono Dio che li soccorresse. Frattanto, numerosi animali selvaggi si erano avvicinati a loro ponendoli in uno stato angoscioso; Giuseppe e Maria nota­rono però che quelle bestie non erano cattive ed anzi li 
contem­plavano con occhio mite. Mi ricordai allora dello sguardo del vecchio cane che portava il mio confessore quando veniva a trovarmi. In verità quelle be­stie erano giunte per indicare la via alla Santa Famiglia: guarda­vano il monte, correvano verso di esso, poi ritornavano indietro, proprio come se volessero condurli in un certo luogo. 
Infine que­gli animali guidarono i santi Viandanti attraverso il monte (forse il Sair), finché ebbero di fronte un bosco.
(continua)